Il Mattino – Il doppio ex Di Canio: «Osimhen è una sentenza, quando va in campo è devastante»
Di coppe se ne intende. Un suo gol a Foggia ha permesso al Napoli di conquistare una storica qualificazione in Coppa Uefa, competizione che l’attaccante aveva vinto la stagione precedente con la Juventus. Il doppio ex Paolo Di Canio è stato tra i primi a mostrare perplessità sul futuro del Napoli campione d’Italia e purtroppo ha avuto ragione. Oggi il volto noto di Sky fa le carte al rush finale degli azzurri.
Di Canio: il Napoli può ancora sperare ad un piazzamento in Champions?
«Spero di si. Naturalmente mi auguro che non sia eliminato dal Barcellona, ma se la sua corsa dovesse finire agli ottavi avrebbe più probabilità di conquistare un posto per la prossima Champions».
Perché?
«Perché avrebbe un solo obiettivo a cui pensare, mentre la Roma ad esempio perderà qualcosa nel suo cammino in Europa League. Gli azzurri possono fare un rush finale importante: con 12 partite ancora da giocare e 36 punti a disposizione se hai 4-5 lunghezze di ritardo puoi fare un filotto».
Proprio quello che è mancato finora ai campioni d’Italia.
«Ma il Napoli ha ritrovato fiducia e poi con Osimhen a tempo pieno e con un Kvara così tutto è possibile. Certo, dovrebbe avere anche maggiori equilibri in difesa, ma se riesci ad essere devastante in attacco puoi sopperire a qualche lacuna difensiva».
Come con il Sassuolo: può bastare o servirebbero test più probanti?
«L’uno e l’altro. Il successo roboante serve perché ti restituisce fiducia: Kvara, ad esempio, ha segnato due reti dopo tanto digiuno. Questo permette di arrivare alla sfida con la Juventus in maniera più serena».
Torna Osimhen ed il Napoli riprende a segnare…
«Osi è una sentenza. Parliamo di un attaccante determinante, fondamentale. Non mi piacciono certi suoi comportamenti, ma quando va in campo è devastante».
Che genere di comportamenti?
«Penso al ritardo di rientro dalla coppa d’Africa, vai a Lagos a festeggiare mentre sai che il Napoli ha bisogno di te. Non dico che sarebbe dovuto tornare il giorno dopo, ma le vacanze le faccio un’altra volta. Anche per dare un segnale».
Cosa pensa di Calzona?
«Non so se sia un leader, ma ha riportato normalità. Mazzarri aveva fatto un po’ di casino nel tentativo di riaccendere le motivazioni. Calzona sta facendo quello che già conosce. Certo, potremmo discutere del doppio ruolo da Ct della Slovacchia. Sono cose un po’ particolari, ma intanto mi sembra che parli con cognizione di causa. E poi mi pare che adesso sia arrivato davvero uno che conosce i giocatori e che fa delle scelte, com’è giusto che sia. La squadra prima di tutto, i singoli vengono dopo. Peccato non ci sia neppure un leader nello spogliatoio».
In che senso?
«Che il gruppo avrebbe bisogno di un protagonista. Di Lorenzo è un gran capitano, ma quieto, pacato. Osimhen fa il suo e non mi pare sia empatico con gli altri».
Allora anche l’anno scorso non c’era un leader…
«Ma c’era Spalletti che aveva creato qualcosa di clamoroso. C’era il capo branco, il maschio alfa che guidava la squadra e la trasformava in lupi famelici».
Si aspettava tanti cambi in panchina ed una distanza siderale dalla vetta per i campioni d’Italia?
«Ma certo che no. Sapevo che sarebbe stata difficile visto che parliamo di giocatori ancora inebriati dalla festa, ingenui e che al tempo stesso si sentivano onnipotenti. Gente non abituata ad aver vinto, insomma. Ma non pensavo neppure che andasse così male. Le scelte poi hanno fatto il resto: da Garcia a Mazzarri… forse il terzo cambio è il più azzeccato».
Domenica c’è Napoli-Juve. Che partita sarà?
«I bianconeri concedono molto e non sono più così ermetici come squadra. Il Napoli dovrà stare attento perché la Juve è squadra mestierante. Prevedo una partita a scacchi, non certo bellissima. Una gara bloccata, insomma».
Un ricordo del suo Napoli?
«Un’annata strepitosa e meravigliosa in una piazza così calda. Ho segnato gol importanti come quello al Milan e l’ultimo a Foggia che ci regalò la qualificazione in coppa Uefa con 5mila tifosi azzurri al seguito. Fu un’impresa, considerando che non prendevamo soldi da sette mesi e che nessuno ci dava chance».
La sua Juventus, invece?
«È stata la mia formazione calcistica. Un ambiente serio e severo dove sono cresciuto con il senso della missione. Poi giocare insieme Baggio, Tacconi, il mio fratellone Vialli e tanti altri campioni e vincere la coppa Uefa è indimenticabile».
Fonte Il Mattino