Si legge ancora su il Mattino
Vinicio, un brasiliano con Napoli sempre nel cuore. Anche se la professione di calciatore e allenatore lo ha portato altrove, non aveva mai pensato di muoversi da Napoli, dalla casa di via Manzoni, dove nella scorsa primavera festeggiò lo scudetto firmato Spalletti. L’attuale ct e Sarri sono stati gli allenatori azzurri più apprezzati negli ultimi anni, perché quel Napoli vinceva attraverso il gioco. Proprio come il suo, costruito con giocatori avanti negli anni e interessanti talenti all’inizio degli anni Settanta, quando Ferlaino decise di puntare su un giovane tecnico, senza alcuna esperienza in serie A, per aprire un ciclo che non fu vincente soltanto perché arrivò quella maledetta rete di Altafini nello scontro diretto a Torino. La Coppa Italia, vinta un anno nella finale contro il Verona, fu della squadra di Vinicio ma lui non c’era in panchina: aveva litigato con il presidente e si era fatto da parte, lasciando il posto al fedelissimo vice Delfrati e a Rivellino, tecnico della Primavera che aveva vinto il Torneo di Viareggio.
Del Vinicio maestro di calcio si è detto tutto. È stato un punto di riferimento, per il suo coraggio, anche per Sacchi, che dopo oltre dieci anni riprese quel tema e sfidò il Napoli di Maradona per lo scudetto, arrivando poi a vincere in tutto il mondo. Quello che di Vinicio (e della sua stupenda famiglia) colpisce ancora è il legame con Napoli. È questa passione per la città e per la squadra di cui è rimasto grande tifoso, anche se non ha mai perso la freddezza di analisi sulle scelte di un collega allenatore o di un presidente e in generale del calcio italiano, come fece mesi fa quando ci ritrovammo da Mimì alla Ferrovia con suo figlio Mario, avvocato, che ricordò come in tribunale i giudici gli facessero domande sul Napoli e su quella meravigliosa stagione ’74-’75. «Il Napoli di Spalletti è un sogno ma il calcio italiano è orribile», sentenziò.
Buon compleanno dalla Redazione de Il napolionline.com, mitico Lione.