Volevano affossare le “piccole”, sconfitte Juventus, l’Inter, il Milan e la Roma. La Serie A vuole rimanere a 20 squadre
La Serie A vuole rimanere a 20 squadre, non intende rinunciare al diritto d’intesa, che è pronta a difendere anche in tribunale, e ha preparato un “documento di indirizzo”, inviato al Governo, per riformare il calcio italiano. La giornata di ieri in via Rosellini è ha rappresentato uno snodo importante: una maggioranza netta (16 società contro 4) ha detto di no alla riduzione del massimo campionato a 18 formazioni. Sconfitte le grandi, la Juventus, l’Inter, il Milan e la Roma, che la scorsa settimana erano andate nella Capitale, dal presidente della Figc Gravina per manifestargli il loro appoggio nella strada verso le riforme e per “sponsorizzare” il cambio di format della A. In via Rosellini ora la frattura è netta e gli schieramenti delineati: visto che il Napoli, la Lazio e la Fiorentina, che le quattro big speravano di portare dalla loro parte, hanno scelto di restare a 20. Oggi il presidente Lorenzo Casini sarà a Roma, al tavolo tecnico con le altre componenti federali, e, come si legge nel comunicato diffuso dalla Lega, «illustrerà il documento di indirizzo contenente le proposte di riforma del calcio italiano». La Federcalcio ha già convocato un ulteriore tavolo tecnico per martedì 20 e, tra fine mese e inizio marzo, ha in calendario un Consiglio Federale che precederà l’assemblea straordinaria dell’11 marzo, quella dove (in teoria) dovrebbero essere varate le riforme. La Juve, le milanesi e la Roma sperano che nelle prossime settimane lo scenario in qualche modo cambi, che Gravina spinga per una riduzione più “corposa” rispetto all’ipotizzato taglio di 20 club in Serie C, ma la netta maggioranza che si è compattata ieri in Lega esclude colpi di scena e in ogni caso è pronta a dare battaglia. Nessuno ha messo in dubbio la carica di Marotta come consigliere federale per la Serie A o quella di Scaroni come consigliere di Lega, ma è chiaro che adesso non tutti si sentono pienamente rappresentati dai due dirigenti. E venerdì è stata convocata d’urgenza una nuova assemblea in video conferenza, stavolta per parlare dei diritti internazionali dal 2024-25 in poi. Si discuterà solo di questo?
Riforme Nero su bianco c’è il documento di riforme proposto dalla A, 26 pagine incentrate su 3 principali concetti: le infrastrutture da costruire perché quelle attuali sono vecchie, l’aumento dei ricavi con contemporanea riduzione dei costi e lo sviluppo della cultura calcistica puntando sui vivai, sul settore femminile e sul collegamento con la scuola. Si tratta di una piattaforma di lavoro aperta, approvata ieri da 16 club (le 4 grandi si sono astenute), che prevede anche di riaprire alle multiproprietà vietate dal 2028-29, di puntare sulle seconde squadre, di rivedere le norme (giudicate severe) sugli extracomunitari, di dare un peso maggiore alla serie A nella Federcalcio e di modificare la Coppa Italia, «valutando format collegati alle giornate di campionato» come ha fatto la Nba. Dal punto di vista economico, inoltre, c’è l’intenzione di valutare il salary cap per ridurre gli stipendi dei giocatori, la richiesta di abbassare i salari in caso retrocessione in serie B e gli aiuti attesi dal Governo (una percentuale del volume delle scommesse, l’abolizione del divieto di sponsorizzazione delle aziende del betting e il ritorno del Decreto Crescita). C’è spazio anche per il taglio delle squadre professionistiche: cento sono troppe, ma vietato ridurre quelle di A. Capitolo arbitri: l’input è riconoscere una piena indipendenza dell’Aia, portandola fuori dalla Figc, e rendere i direttori di gara professionisti. E poi i suggerimenti per Fifa e Uefa ovvero il Var a chiamata, un ulteriore aumento delle sostituzioni e la sperimentazione delle espulsioni a tempo.
Fonte: Gazzetta