Il calcio in vendita al miglior offerente: l’Arabia Saudita conta più dei fan italiani

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L a benemerita compagnia aerea ungherese a basso costo Wizz Air per la modifica cifra di 200 euro (199,99) offriva il viaggio per Riyad con l’omaggio del biglietto per assistere alla finale della Supercoppa italiana. Si partiva da Napoli alle sette del mattino di oggi, lunedì, si torna da Riyad alle cinque del mattino di martedì, domani. Un viaggio assolutamente comodo di nove ore per andare e nove per tornare per cittadini di questo mondo globale e globalizzato.

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È passata sotto silenzio la protesta degli ultras napoletani per questa partita in Arabia Saudita, “una cammellata” alla fine della fine del mondo pallonaro. Una analisi impeccabile de “Il Napolista”, il brillante sito di Max Gallo, spiega che il calcio va alla ricerca di soldi, e gli arabi ne hanno tanti, andiamo dagli arabi. È stato sempre così, figuriamoci se a caccia di soldi non ci va il calcio italiano che è sotto il capestro di cinque miliardi di debiti. Sul portale “calcioefinanza” si leggono ormai resoconti più eccitanti dei commenti delle partite sui giornali sportivi. È il calcio-business. È il calcio del Marchese del Grillo rivolto ai tifosi, io sono la Lega calcio in una vertiginosa bolla finanziaria e voi non siete un cazzo.
Così siamo passati dai ricchi scemi di una volta, i presidenti che mettevano danaro nei club, ai poveri scemi di oggi, i tifosi ai quali il calcio viene sottratto. I tifosi non contano più niente perché sono diventati la fonte meno rilevante di finanziamento delle società di calcio, surclassati dai diritti televisivi, con relativo sputtanamento dei calendari agonistici, dagli sponsor, dal merchandising e dai bilanci truccati. I tifosi senza i quali le partite di calcio sarebbero esperimenti in vitro del pallone, come successe nei giorni del Covid, e i nostri tre quotidiani sportivi chiuderebbero, si facciano da parte. Se proprio muoiono dalla voglia di vedere la finale della Supercoppa italiana sborsino quattro volte quanto costerebbe il biglietto se la partita si svolgesse in Italia sobbarcandosi a una trasferta di seimila chilometri, sei volte più se Napoli-Inter si giocasse a Milano.
Quanto valgono i tifosi di queste due squadre? Zero. Vale di più l’Arabia Saudita che pompa soldi dai pozzi petroliferi e si compra la Supercoppa italiana per 23 milioni di euro. Un affare ridicolo per il calcio italiano sull’orlo della bancarotta, tralasciando che l’Arabia Saudita ci consideri un pallone terzomondista visto che per la Supercoppa spagnola ha pagato 40 milioni, il doppio. Ah De Siervo Italia di dolore ostello. Inter e Napoli intascheranno un po’ di soldini, questo conta. Otto milioni andranno al club che vincerà la finale, spiccioli per chi è nel pozzo nero di 800 e più milioni di perdite.
Il calcio e lo sport sono in vendita da tempo al migliore offerente, i tifosi e gli appassionati sono offerenti insignificanti. L’Unione Sovietica vendette le Olimpiadi di Mosca 1980 alla Coca Cola, “l’acqua sporca del capitalismo”, per averne dieci milioni di dollari da pompare nei Giochi moscoviti. Il Mondiale di calcio a 40 gradi è stato venduto al Qatar tra corruzione e arresti. Il Mondiale 2030 si giocherà in tre continenti, Europa, Africa e Sudamerica. Gli Europei 2032 in Italia e Turchia. Gli ecomostri del pallone. Il danaro su tutto e su tutti, come viene realisticamente proposto, passando sopra ad atleti e tifosi.
La Supercoppa italiana, invenzione del 1988, si è giocata undici volte lontana dagli occhi, lontana dal cuore, a Riyad, Gedda, Doha, Shangai, Pechino, New Jersey e Washington. In Arabia Saudita, a seimila chilometri di distanza, in ambienti di folclore spettrale, torna il calcio italiano, questo simpatico accattone che per sopravvivere campicchia fra americanate, cineserie e le matrioske dei fondi di investimento. È la realtà di un pallone che, non solo in Italia, rotola precipitosamente verso ogni genere di trucco e fallimento, dalle folli spese qatariote fuori mercato del Paris Saint Germain al Barcellona sprofondato in un debito mostruoso (2,5 miliardi). Tutto sopra la testa dei tifosi, questi ingenui declassati a clienti di un crac prossimo venturo.
E allora voliamo in Arabia Saudita a prenderci questi 23 milioni di euro, il dieci per cento alla Lega calcio, meglio che niente. Una finale di Supercoppa sull’altopiano arabo vale bene diciotto ore di volo e la degustazione del Kabsa Nejdi, il rinomato piatto di Riyad con pollo, riso, cipolle, olio, burro, pepe e cannella. Caravan petrol.

 

Mimmo Carratelli CdS)

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