Mazzarri/Conference: «Sto male perché non riesco a restituire l’affetto che ricevo dalla gente: ora voglio invertire la rotta. Kvarava tutelato»
Chi cerca trova: e in quest’anno che adesso sa di nulla, periferia lontanissima dal sogno vissuto, Napoli insegue se stessa, quella dimensione sfiorita, quell’universo scintillante nel quale Luciano Spalletti l’ha trascinata demolendo le resistenze altrui. Il 2023 è alle spalle, un inno alla felicità poi sgretolatasi così, quasi senza accorgersene: ma la vita continua, venti partite e altri sessanta punti per credere in qualcosa che si chiami Champions League. «E io vorrei che in questo 2024, si invertisse la rotta e arrivassero i risultati…». Chissà se pure in Mazzarri c’è un rabdomante (e sarebbe utile), perché rovistando nel passato più recente – in questi 54 giorni che gli appartengono – le statistiche finiscono per stravolgere l’umore e magari anche le idee come possono solo tre sconfitte, un pareggio e due vittorie, con ottavo posto dal quale non si scorge niente, manco l’Europa meno abbagliante. E il Torino oggi è una chanche irrinunciabile, sa da dentro o fuori, di sensazioni dell’anima che entrano in conflitto con le ambizioni sfuocate. «Io sto male perché non riesco ancora a restituire l’affetto che ricevo dalla gente e mi sento quasi in debito con i napoletani che mi amano. Sfidiamo una signora squadra, dovremmo essere attenti».
LA CLASSIFICA PIANGE. C’è una squadra che sei mesi fa ha stracciato il campionato e che adesso, da Garcia a Mazzarri, va a sbattere contro la propria natura: quattro gol in sei partite, e la media viene da sé, rappresentano la lente di ingrandimento di un appiattimento ch’è rimasto tale, nonostante la scossa tellurica su quella panchina ch’è durato un attimo. E i numeri, che nel calcio poi sono i fatti, lasciano un retrogusto amarissimo, in questo 2024 che sembra lontanissimo dalla
gioia collettiva di un’estate fa. «Io le medie non le vedo neanche quando le cose vanno bene. Lavoro sulle prestazioni e con il Monza abbiamo fatto bene, spesso schiacciamo l’avversario e se continuiamo così non possiamo che migliorare». C’è un Napoli che va rivitalizzato, ha bisogno di una freschezza calcistica che gli è sfuggita, di un’organizzazione che tappi le falle (otto gol subiti, solo con il Monza, grazie al rigore parato da Meret, porta rimasta sbarrata) e di certezze che però sono rimaste dentro i filmati di quella squadra meravigliosa che Mazzarri ha divorato e alla quale si ispira. «Però, senza tanti titolari, dobbiamo stringere i denti e non essere pignoli su alcuni aspetti».
Guardare avanti e sperare in Kvara: «È brutto accorgersi che la tecnologia non colga quello che succede a questo ragazzo, vittima di provocazioni con le quali si cerca di innervosirlo ed a volte si riesce. Bisogna tutelare un talento del genere, che invece viene ammonito ed è in diffida e mi sembra anche paradossale questa vicenda».
SVEGLIA. Ma a margine, e neanche poi tanto, d’un ambiente che non può essere spumeggiante, c’è dell’altro: è arrivato Mazzocchi, un uomo in più e anche una spruzzata di allegria, non semplicemente un rinforzo per il turnover ma pure – addirittura – un motivatore («ha una grande carica, un calciatore che arriva deve sollecitare chi magari inconsciamente si addormenta un po’»); e per il Torino è tornato Politano, che a destra sa essere un fattore magari nell’atteggiamento nelle due fasi, che difensivamente non sarà più a cinque nello «scivolamento», che forse non voleva esserlo neanche con il Monza come pure è accaduto, strategia che Mazzarri disconosce dal proprio vocabolario post-moderno. «Con il Monza abbiamo finito 4-2-4, abbiamo concesso un mezzo contropiede e collezionato 6-7 palle gol. Purtroppo va tutto storto. Ma non abbiamo giocato a tre dietro». Non c’è più niente, neanche il suo calcio.
Fonte: CdS