Mai fermarsi in superficie, perché sotto la crosta si nascondono verità gustose: e il calcio, che spesso si ferma alle apparenze, stavolta scava, scava, scava per capire. 4-2 al Santiago Bernabeu, e così, leggendo senza approfondire, potrebbe pure bastare: però, al di là della facciata, ci sono indizi che incoraggiano il Napoli a credere in se stesso, lasciandosi alle spalle quel velo di malinconia che rischia d’annebbiare la vista. Raccontano le statistiche, che a modo loro orientano, di 20 tiri del Real contro 11 del Napoli, di un possesso palla tutto sommato democratico (54% a 46%), di una partita che si è rivoltata contro a 6 minuti dalla fine, che è stata archiviata al 94’, che ha avuto vari momenti, belli e brutti come in qualsiasi gara, e pure occasioni che restano lì a lusingare l’anima.
RIECCOLI. In 90 minuti ci sono varie facce, e Frank Anguissa è la sintesi della narrazione: primo tempo tra le ombre, secondo ad illuminare, con il gol e pure con varie altre iniziative, con uno spessore – il suo – che a lungo ha spaccato gli steccati. Ma Mazzarri ha ritrovato anche il Di Lorenzo dei momenti migliori, con slanci di autorevolezza, con dinamismo, con quella leggerezza che gli è appartenuta e che pareva evaporata.
LUI C’È. Il Napoli ha allungato l’organico, di nuovo, perché a Madrid è ricomparso il “vecchio” Cholito, lo ha fatto seguendo il proprio istinto naturale, segnando e poi sfiorando pure il raddoppio: e nella prestazione, ma anche nelle dinamiche di una nottata a metà, Simeone ci ha aggiunto il proprio stile, quell’eleganza che non ha mai smarrito, neanche dinnanzi ad una sostituzione “necessaria” per sviluppare una staffetta che rilanciasse Osimhen.
ISTINTO. Il Napoli sa cosa vuole, sta cercando il modo in cui prenderselo – magari avvicinandosi agli standard dell’anno scorso – e intanto va a sfidare l’Inter per tentare di riaprire il proprio campionato con un attacco che ha ricominciato ad essere se stesso: il Cholito si è ritrovato dopo tanta panchina; Anguissa si è scongelato; Lobotka è rifiorito; e a Bergamo, appena quattro giorni prima, ci avevano pensato Kvaratskhelia ed Elmas. L’attacco e il centrocampo hanno ripreso a fondersi, hanno costruito (anche tanto), hanno pure sprecato (un contropiede a tinte forti, tre contro due) e comunque hanno avuto modo di mettere in difficoltà il Real Madrid, inquietandolo e facendolo vacillare. Quattro gol in 180 minuti rappresentano un segnale forte, una ritrovata vitalità, una spiccata verticalità che soffoca preoccupazioni colte nell’area di rigore altrui. E Osimhen sta per tornare.
Fonte: CdS