Valon Behrami a “Il Mattino”: “Mazzarri si fa criticare, ma difende la squadra”

«Walter è un uomo schietto: mi massacrava»

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Questione di punti di vista. Anzi, questione di campo. O di posizione in campo. Nel cuore del gioco del Napoli di Mazzarri c’erano le gambe di Valon Behrami, quelle stesse che qualche anno dopo correvano anche nel centrocampo del Watford in Inghilterra. Ecco perché oggi l’ex mediano dice di Mazzarri «È un papà per me». E allora la domanda successiva se la pone proprio lui, da solo. «Chissà se ora mi chiamerà ancora bimbino». Sì perché a battezzare l’esordio di Mazzarri sulla panchina del Napoli ci sarà proprio Behrami, che seduto sul divano di Dazn lo aspetta già per il post partita di Bergamo.

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E allora partiamo da questo cambio di prospettiva: come sarà intervistarlo a caldo dopo la partita?
«Una cosa è certa: non posso fargli domande strane».

Perché? «Beh, c’è troppa confidenza tra noi. Mi sembrerà strano».

E quindi come si regolerà? «Innanzitutto speriamo che sia di buon umore. Perché fargli le domande già mi manda in crisi».

Mazzarri e le interviste: spesso le sue risposte sono diventate celebri. «Lui è uno che volutamente quasi si ridicolizza quando va a parlare con la stampa. Ma lo fa per proteggere la squadra».

Addirittura? «Assolutamente sì. Perché poi entra nello spogliatoio e spacca i tavoli. Con noi lo faceva sistematicamente. Ce lo diceva chiaramente che andava lì e diceva certe cose solo per proteggere noi e spostare l’attenzione dai nostri errori in campo. Ma io so che lo farà anche con me adesso che sono dall’altra parte. Ricorco che quando eravamo in Inghilterra gli ho detto che non doveva prendersi lui tutte le colpe, non era giusto. Ma non ne voleva sapere: mi diceva che così doveva essere. E adesso sicuramente si inventerà qualcosa per farsi attaccare in prima persona piuttosto che far ricevere critiche alla squadra».

È un atteggiamento che a voi piaceva? «Non può non piacere. Ti fa legare tantissimo con il tuo allenatore. E da questo punto di vista credo che sia mancato qualcosa con Garcia».

In che senso? «Garcia metteva tanto lui in prima persona. Piuttosto che curare le dinamiche della squadra e quello che stava succedendo».

E poi? «Mi ha sempre dato l’impressione di voler uscirne sempre bene lui piuttosto che pensare a quello che hanno fatto questi ragazzi. Invece la squadra va valorizzata anche perché è reduce dalla vittoria di un qualcosa di incredibile, di storico. In questi casi, invece, devi farti guidare dai leader senza dire qui comando io. Forse prima era diverso, ma ora non è più così lo spogliatoio: l’allenatore non è più visto come un capo ma come un mezzo per risolvere i dettagli, il resto lo fa il gruppo. Forse avrebbe dovuto dare un po’ più di peso al passato senza voler strafare».

Ma torniamo a Mazzarri: che ricordi ha di lui come allenatore? «È una persona schietta. Anche se le cose che aveva da dirmi erano negative, le ha sempre dette tutte in faccia. E così il legame si è rafforzato: anche perché mi massacrava. Ma è giusto così».

Che effetto le fa rivederlo sulla panchina del Napoli? «Penso sia il giusto merito per quello che ha fatto. Quando meno te lo aspetti ti torna indietro quello che hai perso».

Ovvero? «A Napoli ha lasciato la squadra più forte che ha avuto. Noi infatti eravamo convinti che rimanesse. Ma dopo quel Napoli non ha mai più avuto una squadra così forte. Anche all’Inter ha trovato una squadra ridimensionata. Adesso invece gli si ripropone la squadra più forte della carriera».

Come sarà il suo approccio? «Può dare a se stesso una visione diversa. Quello del nostro Napoli non era un 3-5-2, perché gli esterni erano molto alti e Hamsik andava a giocare tra le due punte. Faceva il massimo con quello che aveva e ora può dimostrare di avere idee offensive. Vedremo un Napoli con il 4-3-3. E sarà un martello sulle palle inattive».

La vostra prima conversazione nello spogliatoio del Napoli? «Mi disse: pensavo tu fossi più tecnico ma meno aggressivo: ma ci lavoriamo. Mi doveva gestire, perché litigavo sempre. Anche in allenamento. Mi riprendeva ogni tanto. Facevo una brutta partita e mi diceva: hai fatto una brutta partita. E così ci lavoravamo insieme. Nel rapporto personale è bravissimo: parla tantissimo con i giocatori. E con il tempo è diventato molto più attento a questo aspetto. Con il tempo e con il suo lavoro penso che possa anche ricostruire quello che è stato fatto lo scorso anno. I giocatori sanno cosa hanno fatto e ora hanno solo bisogno di essere nuovamente valorizzati».

 

Fonte: Il Mattino

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