Il giorno dopo aver sbattuto il muso sui mattoni del muro di Berlino che guardano il quartiere di Köpenick, la culla dell’Union, Rudi Garcia è stato costretto a fare un altro giro dentro di sé, attraversando i dubbi legati alle sue certezze. Sembra un paradosso, è solo una realtà inaspettata. Un presente che senza girare troppo intorno alla piazza principale, al centro del vilaggio deve ritrovare la vittoria. Al volo, subito, domenica con l’Empoli: una partita divenuta all’improvviso cruciale, prima del tremendo ciclo da brividi che dopo la sosta proporrà in sequenza l’Atalanta a Bergamo (25 novembre); il Real in Champions a Madrid (29 novembre); l’Inter al Maradona (3 dicembre); la Juve di Giuntoli a Torino (8 dicembre).
La notte con l’Union avrebbe dovuto accompagnare il Napoli all’ultimo esame prima della pausa con l’ipoteca sugli ottavi di coppa in tasca e l’umore alto, ma il finale e la gestione del secondo tempo hanno trasformato l’anticipo delle 12.30 con l’Empoli, penultimo in campionato anche se non reduce da 12 sconfitte consecutive come i tedeschi, in un intramontabile mezzogiorno di fuoco. Sarebbe stato molto meglio un atto qualsiasi di Amici Miei, ci mancherebbe, ma tant’è.
La storia sta assumendo i contorni di quella vissuta nel corso della sosta di ottobre, quella successiva alla sconfitta con la Fiorentina, quando la delegittimazione pubblica di Garcia fu consacrata dal discorso di De Laurentiis alla Luiss di Roma e soprattutto dal contatto con Antonio Conte, che declinò l’invito a subentrare in corsa a Rudi. Una vittoria con l’Empoli sortirebbe l’effetto di una stretta di mano perché consacrerebbe la squadra dentro il quartetto di Champions e soprattutto allontanerebbe tutti dall’orlo della crisi di nervi ancora e pericolosamente dietro l’angolo, ma un risultato diverso, beh, creerebbe i presupposti di una riflessione serissima.
CASA AMARA. il Napoli non vince in casa da 44 giorni (oggi); dal 4-1 con l’Udinese del 27 settembre. Il trend del Maradona è bruttino, per usare un eufemismo ed evitare ogni tipo di paragone con la Ferrari azzurra di Spalletti che bruciava l’asfalto e gli avversari, e a parità di partite tra coppe e campionato (7), quello del Napoli di Rudi Garcia è il peggiore avvio casalingo dal 2007-2008, cioè sin dal ritorno in Serie A: 2 vittorie con Sassuolo e Udinese; 2 pareggi con Milan e Union; 3 sconfitte con Lazio, Real e Fiorentina.
I SAGGI. È possibile – se non addirittura scontato – che Garcia e i suoi, in sala video, abbiano parlato ancora di questo, dell’ennesima notte dei rimpianti in un tempo così breve, degli umori dell’ambiente, dei cambi, del gol di Fofana e degli inspiegabili errori di posizionamento sugli angoli a proprio favore pagati a carissimo prezzo (in tutti i sensi). Anzi, è possibile che questi capitoli abbiano arricchito la seduta del Consiglio dei Saggi convocata proprio ieri da Rudi al centro sportivo di Castel Volturno, in occasione dell’allenamento: lui, l’allenatore in difficoltà di una squadra in difficoltà, e poi Meret, Di Lorenzo, Rrahmani, Juan Jesus, Mario Rui, Anguissa e Zielinski in ordine di schieramento.
I senatori ma più semplicemente sette campioni d’Italia che anche con l’Union, nonostante tutto e al di là di tutto, hanno continuato a lottare e a darci dentro fino all’ultimo istante. L’impegno e la voglia del gruppo non sono mai stati in discussione, eppure il disagio tecnico e tattico incorniciato dal gol di Fofana – un’icona impietosa – e i crolli improvvisi sono palesi. Sarà per la tenuta fisica, sarà per quella mentale, sarà per un problema di soluzioni di gioco, sarà quel che sarà se domenica con l’Empoli non arriverà l’unica risposta attesa da De Laurentiis e da ogni singolo abitante del pianeta azzurro. L’unico risultato ammesso: la vittoria.