Chiariamolo subito: regalando intere frazioni di gioco all’avversario e mostrando limiti di attenzione senza la palla fra i piedi – rischiando imbarcate da un momento all’altro, non si va lontano.
L’ormai conclamato difetto di quest’inizio di stagione del Napoli si è puntualmente palesato anche nella gara contro il Milan, che pure era reduce dai ko contro Juventus e Psg e da un’evidente involuzione sul piano del gioco, emersa in particolare al Parco dei Principi. La prima parte della gara di ieri ha fedelmente restituito le stesse preoccupanti prospettive che caratterizzano le sfide d’alta classifica degli azzurri: il Milan, rimaneggiato e privo di diverse pedine soprattutto in difesa, ringrazia, riparte e sfruttando la catena di destra permette per ben due volte a Giroud, 37 anni e non sentirli, d’insaccare alle spalle di Meret (per il francese, che quando vede azzurro non perdona, sono cinque i gol segnati al Napoli in sette gare).
A quel punto la mente è subito tornata allo scorso 2 aprile, quando l’undici di Pioli – sempre molto abile a leggere e scardinare le chiavi tattiche del Napoli sin dai tempi del Chievo, correva l’anno 2010-11 – aveva parzialmente macchiato la trionfale cavalcata azzurra sbancando il Maradona con un poker, e poco sarebbe bastato per bissare quella serata se Reijnders prima, e Musah poco dopo, non avessero fallito le occasioni per spegnere definitivamente le velleità partenopee di rimonta già a fine primo tempo e far rientrare pienamente i rossoneri nella lotta al titolo.
La ripresa, iniziata con un triplo cambio in casa Napoli, ha dato immediatamente i suoi frutti e con i guizzi di Politano (tornato al gol a Fuorigrotta dopo un digiuno di un anno e mezzo) e Raspadori su punizione (con Jack ormai imprescindibile nello scacchiere tattico di Garcia), gli azzurri sono riusciti a pareggiare una gara nella quale fino a venti minuti prima neppure sembrava fossero presenti sul terreno di gioco. A quel punto, con mezz’ora a disposizione ed un Milan lentamente uscito dalla partita, c’erano tutti i presupposti per completare la rimonta, ma ha prevalso in entrambe le squadre la paura di perdere, e non è casuale che da quel momento nulla sia più accaduto tranne i soli tentativi a tempo quasi scaduto di Calabria (di poco fuori su imbeccata di Jovic) e Kvaratskhelia (abile Maignan a respingere con i piedi), preceduti dall’espulsione di Natan.
Al triplice fischio di Orsato, resta l’amarezza per aver fallito nuovamente l’appuntamento con la vittoria in un big match, che avrebbe quantomeno confermato i timidi passi in avanti di Verona e, a corrente alternata, Berlino, e dato al Napoli la possibilità di accorciare dalle posizioni di vertice in ottica Champions, obiettivo minimo da raggiungere ad ogni costo considerati i limiti non ancora sopiti di squadra e tecnico per ambire a qualcosa in più.
Il punto conquistato pone comunque un argine alle sconfitte in match d’alta quota, ma non basta a dichiarare totalmente guarito il Napoli dalla sindrome rossonera: l’ultima affermazione in casa contro il Milan è datata 25 agosto 2018 (3-2, in rimonta da 0-2). Un’eternità.
Riccardo Cerino