L’ Olympiastadion voluto da Hitler e quel filo rosso con l’Italia dal 1936

La storia dello stadio che doveva simboleggiare il trionfo del Terzo Reich

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L’Olympiastadion voluto da Hitler per consacrare lo sport alla politica, per mostrare al mondo la grandezza della nuova Germania nazista, non ha la storia e la tradizione di Wembley o del Santiago Bernabeu. Era dal 1999 che una squadra di qui, l’Hertha, non ospitava una gara di Champions. Per gli italiani, però, questo stadio evoca dolci ricordi: la Coppa del Mondo alzata da Fabio Cannavaro nel mese di luglio di 17 anni fa. Traslocheranno quasi in settantamila dal quartiere di Kopenick fin qui all’Olympiastadion, che è la casa dell’Hertha: un grande esodo in nome della Champions perché lo stadio dell’Union non può ospitare queste gare. Da Napoli arriveranno 3.400 tifosi, che si uniranno ai tifosi partenopei locali per un totale di circa 8 mila supporters azzurri. La guardia è alta in città: la polizia presidia ogni posto simbolo della città, dalla Porta di Brandeburgo a tutti i monumenti celebrativi che ricordano lo sterminio degli ebrei, per timore di attentati. Non ci sono, in ogni caso, segnali di tensione tra le due tifoserie. L’Italia nel 2006 e gli azzurri di Pozzo nell’Olimpiade del 1936, per il resto il grande calcio ha sempre navigato lontano da Berlino. L’Olympiastadion venne realizzato perché doveva celebrare il trionfo del Terzo Reich al cospetto del mondo. In questo stadio l’atletica è diventato icona: i quattro ori olimpici di Jesse Owens rovinarono un progetto realizzato in 4 anni e c’è una targa con il suo nome. Qui stasera il Napoli giocherà in Champions, 17 anni dopo la finale della Coppa del mondo vinta dall’Italia. Leni Riefenstahl nel 1936 con il film Olympia celebrò il mito degli atleti: del vecchio stadio, grazie a quelle riprese avveniristiche realizzate su palloni aerostatici dalla Luftwaffe, sappiamo praticamente ogni cosa. Da allora molto è cambiato (la capienza era di 110mila persone) ma non tutto, nonostante la Seconda Guerra mondiale e la Guerra Fredda: l’idea del monumento storico è stata superata, con l’abbattimento di quei palchi dove i gerarchi dovevano sovrastare ogni cosa come simbolo di superiorità. Ora è un monumento sportivo, sia pure con la conservazione dei vecchi mattoni, dell’anello superiore e dell’apertura storica della porta della maratona con i cinque cerchi. Il campo è quasi un imbuto, il terreno di gioco è stato scavato sotto terra, quasi sessanta metri in profondità. Il pubblico dà una spinta impressionante, sembra davvero che stia addosso ai calciatori.

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Fonte: Il Mattino

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