“PRESI A SCHIAFFI DA ADL”.Da Giuntoli a Osimehn, il presidente si sfoga
Per evitare di dimenticare qualcosa, peggio ancora qualcuno, c’è solo un modo d’affrontare argomenti spinosi: organizzarsi. E Aurelio De Laurentiis, nell’istante in cui sceglie di “denudarsi”, orienta se stesso in un orizzonte così ampio ch’è impossibile perdersi: galleggiando nel suo universo, in quel mondo che sta racchiuso in un pallone, dinnanzi ad una raffica di pensieri mai scomposti, persino pettinati, il calcio che incrocia il Napoli, che sfiora Garcia, che evita Conte, che gratifica Spalletti e Sarri, che accarezza il proprio management, che educatamente schiaffeggia i vizi – le scommesse – e le contraddizioni in termini – i diritti tv – e poi plana ovunque, senza negarsi quasi niente (solo accenni ad Antonio Conte: «per non scadere nel pettegolezzo»), neppure qualche inevitabile trattato di diplomazia che va concesso a chi non evita di sistemarsi al centro del villaggio globale e sbirciare, ma a 360 gradi. È una serata che sa di tutto, pure della Supercoppa o dello scudetto («è una responsabilità, lo sanno i ragazzi»), d’una strategia dialettica che il presidente d’un club da 400 milioni di fatturato circa affronta, affondando le mani nelle proprie tesi o nelle visioni, sfuggendo (quando può) al compromesso dialettico che il ruolo gli impone, scegliendo di osare, frontalmente, mettendoci mica esclusivamente la faccia ma anche un’analisi rotonda come un pallone.
Sono giorni duri, si può dire.
«Meno di quello che sembra. Lo erano quel lunedì in cui ho parlato alla Luiss, quando a ruota libera ho espresso riferimenti che, diciamo con punteggiatura inappropriata, sono stati poi trasformati in altro. Ma io non avverto preoccupazione, né delusione: lo fossi stato, sarei intervenuto. Garcia è motivato, si è sentito al centro delle critiche, gli ho teso la mano. Non ci sono problemi, vada avanti: tutti sbagliamo, anche io. Io sono qua per dar man forte e sostegno».
Il sospetto che abbia riflettuto sulla posizione dell’allenatore non appartiene alle logiche giornalistiche o alla dietrologia.
«Nella vita uno deve poter valutare e avere dei dubbi sul proprio operato, errori ce ne sono stati e mi appartengono. Ho avuto impegni che sono diventati prioritari e mi hanno allontanato. Ora non mi muovo, fino alla fine della stagione. Le scelte sono state mie e avallate dai collaboratori, cambiare un allenatore è sempre un fatto traumatico perché non ci sono tanti tecnici che possano sposare il 4-3-3 con la linea alta con cui Sarri e Spalletti ci hanno deliziato. Ma punto. Sono tornato, sto vicino alla squadra per dare loro certezze, noi siamo il Napoli da 15 anni in Europa».
In due settimane, si è stabilito a Castel Volturno.
«Ho aspettato il rientro dei Nazionali, ho parlato con tutti, individualmente, e oggi lo farò con Olivera, che sta tornando. Non bisogna chiamare i pompieri per un pezzo di carta a fuoco ma dialogare. Non c’è uno che non stia con Garcia però, e l’ho spiegato, basta con quegli atteggiamenti. Non ho avanzato richieste di multe, per gli episodi; però se capita ancora, sarò costretto ad agire in tal senso e a recapitarne pure una per l’eventuale precedente. Quando non si è d’accordo, bisogna restare lucidi: si attende il giorno dopo, si aspetta che passi l’adrenalina, ci si confronta».
Nessuna “paura”?
«Io in queste situazioni do il meglio di me stesso. È chiaro che dopo la gara con la Fiorentina ci fosse amarezza, ma dura un attimo, il tempo necessario delle opportune riflessioni. Che hanno vari risvolti e in quel caso hanno riguardato soprattutto me. Quando vi invito a non chiedermi di Conte, lo faccio perché altrimenti la sentirei come una gratuita azione di disturbo e voglio scansare le sponde che chi tenta di demolire la figura del nostro allenatore attraversa. Io con lui e la sua famiglia, anni fa, feci le vacanze alle Maldive; con gli allenatori del passato, da Ancelotti a Benitez, da Mazzarri a Reja, ho rapporti improntati alla continuità».
Resta qua, ha detto.
«Ma è normale. Sono sempre stato abituato ad interessarmi alle mie imprese e come ogni imprenditore che investe i propri soldi devo essere presente. Il Napoli va curato giorno dopo giorno, basta un granello di sabbia per creare storture negli ingranaggi. Se hai vinto un campionato con 16 punti di vantaggio, non è detto che debba ripeterti: ce lo auguriamo, nulla è evaporato, ma non si può mettere lo stampino a un altro allenatore per far giocare la squadra come l’anno scorso. E comunque non tutti gli allenatori hanno accettato il paragone con Spalletti, preferendo la situazione più semplice: ma non sanno cosa si perdono, Napoli ha un’aria che non si respira altrove».
Avete perso anche Osimhen…
«Dal 2013 ad oggi, Fifa e Uefa ci hanno rimborsato quattro milioni, a noi che abbiamo avuto anche sedici Nazionali. E non va bene. Non vanno bene le date, non vanno bene le amichevoli, che andrebbero evitate. Ci vorrebbe un impegno collettivo delle federazioni e delle istituzioni: se mi porti via un calciatore per dieci giorni, io faccio la ripartizione del suo stipendio e te lo addebito. E se si fa male, anche. Pensate a Neymar, quando torna? Come?».
Ma del contratto di Osimhen s’è smesso di parlare…
«Io resto sereno, come qualche settimana fa. Però è chiaro che i negoziati si fanno in due. Se dopo una stretta di mano le cose cambiano, mi spiace ma ne prendo atto e vado avanti. Il rapporto però è buono, c’è un altro anno prima della scadenza del contratto e ricordatevi come è andata con Koulibaly. Una cosa voglio aggiungere, che un po’ dà noia: io non sto qui per far crescere i giocatori e rivenderli, il Napoli non è un club di passaggio».
Momentaccio per il calcio, travolto dai casi Fagioli, Tonali e Zaniolo.
«Tre anni fa, in una conferenza stampa, portai un libro del dottor Cantone, il procuratore della Repubblica di Perugia. Le vicende di queste ore sono già lì dentro, in quel testo-accusa. C’è chi sospetta di una centrale ad Honk Kong che fattura 50 miliardi di dollari. Non parlo di ludopatia ma tengo molto al lecito. Immagino che la gestione di una ricchezza immediata è un problema, non tutti ne sono capaci a una certa età, si può essere abbagliati, fuorviati, se non hai altri interessi. Se un ragazzo di venti anni dispone di milioni, può essere preda, ma non è giustificabile, di allucinazioni e attrazioni».
I diritti tv stanno diventano un tormento, c’è in gioco il futuro.
«Ma qui non sappiamo neanche fare gli orari delle partite, che mettiamo alla domenica alle 20.45. Vendiamo male il prodotto. I miei calcoli, qualche stagione fa, proiettavano incassi da un miliardo e mezzo per la serie A, che mancano all’appello. Mentre qui ne offrono 700, chi 200. Una follia. Come sarà possibile portare avanti le 20 società di serie A? Ci sono club sommersi da situazioni estreme, che se si desse uno sguardo aprendo entrambi gli occhi si finirebbe per non poterli iscrivere».
Ci va a Gedda per la Supercoppa?
«Sono stato chiaro: se dobbiamo andarci, ci andiamo; se non dobbiamo, evitiamo. Però decidiamo per tempo, anche per non farci trovare eventualmente impreparati. Certo, se ci offrissero 200 milioni».
Sul fronte Lega, non è semplice trovare intese.
«Hai altre diciannove società con cui misurarti. Certo che non è facile convincere, collegare posizioni differenti ed economia di scala diversa. Ma io sono un combattente, più è complicato e più mi intriga».
Facciamo un gioco: le propongono ora, in quest’istante, di entrare nel calcio e lei è il De Laurentiis del 2004.
«Lo farei e senza freni. Ma bisogna avere gli strumenti per comandare. Devi saper leggere negli occhi dell’interlocutore. Non ho paura di poter dire la verità. E sto qua, non la butto in vacca».
Ha perso dei riferimenti, Spalletti e Giuntoli per fare due nomi.
«Giuntoli era sei mesi che si era buttato in branda e mi ripeteva: “Mi mandi alla Juve?”. La nostra nemica calcistica numero uno. Cristiano fu intuizione mia e di Chiavelli, ha fatto cose buone e altre meno, ma non faccio il ragioniere. Kvara, per dirne uno, è stato segnalato a mio figlio Edo, che ne ha parlato con il nostro ex diesse. Io con Meluso e Micheli mi trovo bene».
Fonte: CdS