Le storie d’amore. Bellissime. A volte complesse. Alcune finiscono e per i “protagonisti” sono difficili da dimenticare. Qualcuno può sentirsi abbandonato e, aprire la porta a qualcun altro diventa difficile. E, colui o colei che arriva dopo, può diventare un intruso. E’ capitato a Rudi Garcia. La sua colpa è quella di essere giunto a Napoli dopo Luciano Spalletti. Lo scrive Giancarlo Dotto su La Gazzetta dello Sport:
“In questa storia infelice Rudi è solo l’intruso. L’usurpatore. Di suo ci ha messo la leggerezza nel non aver annusato la trappola fetente che stava calpestando. Bussare alla porta di un convento dove si stava consumando il trauma di un addio crudele per quanto incomprensibile. Il ricordo dell’amato ancora caldo, due giorni dopo che, stremato almeno quanto amato, era svanito all’apice di una felicità che si pretendeva eterna, quanto meno triennale. Due poi così diversi. Rudi, ovvero la sostenibile leggerezza dell’essere, sulla stessa panchina graticola dove, fino a pochi giorni prima, si agitava e sfrigolava Luciano, ovvero l’insostenibile fatica di esistere (e di allenare). Inciampando poi, lo sventurato, in pieno travaglio, assediato da ogni parte dalle cariche della nostalgia spallettiana, nell’errore suicida di esortare al “dimentichiamoci del passato”. Quando il passato era, è, più che mai presente e il “Voglio la testa di Garcia” già montava nelle piazze dei social. “