Una voce, mille voci: perché quando all’89’ si è alzata la lavagnetta luminosa e Kvaratskhelia si è accorto che sarebbe toccato ancora a lui, il georgiano ha rappresentato se stesso, ma pure un pensiero ricorrente, con un eloquente gesto della mano verso la panchina. Un minuto al termine, a cui aggiungere i sette di recupero, e sul 2-2 per l’assalto finale, disperato, fuori il talento più luminoso: era già successo, con la Lazio al Maradona prima della sosta, e quella volta al 66’, una manciata di sbadigli dopo il raddoppio di Kamada. Il miglior giocatore della meravigliosa stagione dello scudetto – l’MVP – sfila dunque nella normalità e Garcia lascia che il Napoli rinunci ai suoi dribbling, al suo scatto secco, ai suoi lampi, alla possibilità di regalarsi qualche superiorità contro un’avversaria che – umilmente – se ne sta a governare ciò che può, per regalarsi una serata di gloria e lusingare destino e classifica. Il primo Kvara napoletano è stato sostituito, in campionato, ventuno volte: mai un’espressione di insofferenza. Il secondo – ed è chiaro che le condizioni sono diverse – si è ritrovato fuori per due volte consecutive, in gare nelle quali qualcosa di suo sarebbe servito. Non un atto di insubordinazione, semmai di umano stupore. Fonte: CdS