Dodici milioni di euro sono nettamente più invitanti di due milioni e duecentomila euro (e lo saprebbe anche Watson, è elementare) ma quando Gabri Veiga ha scelto di dire sì a quella proposta irragionevole per gli umani e non per l’Al-Ahli, il Napoli aveva speso già tanto, persino oltre il lecito consentito, in (almeno) diciassette giorni di trattativa inutile. Il calcio è cambiato e chi non se ne è ancora accorto rischia di starsene attardato, distante da questa rivoluzione che improvvisamente s’è impadronita del pallone: Gabri Veiga era del Napoli, dettagli s’aggiunge in vicende del genere, lo aveva confermato quel galantuomo di Rafa Benitez in conferenza stampa sabato scorso e lo ha rifatto ieri («era vicinissimo») ma temporeggiare non è un esercizio utile in quest’epoca in cui esiste una concorrenza spietatamente ricca. L’Al Ahli ha spostato il mouse sulla scrivania della propria sede, è piombata improvvisamente e (?) inaspettatamente su Gabri Veiga, ha trovato gli argomenti giusti per convincere Pini Zahavi – il suo manager e chiaramente stratega dell’operazione – e si è addolcito la bocca, dopo aver ingoiato il no di Piotr Zielinski: con trentacinque milioni ha accontentato il Celta Vigo, al giovanotto dai piedi buonissimi ha garantito dodici milioni per cinque anni e a Micheli che ha avviato i dialoghi e a Chiavelli e De Laurentiis che sono subentrati dopo ha lasciato quell’insopportabile retrogusto amarissimo che demolisce un affare lasciato teoricamente possibile da una frase di pura cortesia che il procuratore del centrocampista ha diffuso attraverso Radio Cope: «Il Napoli non voleva pagare la clausola di rescissione e l’accordo con l’Al-Ahli non è ancora chiuso, stiamo ancora trattando». Magari durante le visite mediche, in corso a Parigi. Fonte: CdS