Intervista a P.P. Marino: “C’è un aspetto positvo nel movimento che sta creando l’Arabia Saudita. Veiga? Il Napoli non ha previsto l’Al-Ahli”
Gli investimenti faraonici che fanno gli arabi, pagando i giocatori ai club, portano liquidità alle società che vendono
Se non si può competere sul piano economico c’è molto che si può fare su quello strategico. Pierpaolo Marino riconosce la supremazia dei petrodollari che sta cambiando la geografia del calcio, ma indica la strada per reggere l’impatto del mercato saudita nonostante risorse inferiori e punta l’indice anche sulla Fifa. L’esperto dirigente sportivo (al Napoli ai tempi del primo scudetto di Maradona e poi al fianco di De Laurentiis dal 2004 al 2009), fino alla scorsa stagione è stato direttore tecnico dell’Udinese.
Si aspettava questo «schiaffo» di Veiga al Napoli, direzione Arabia Saudita?
«Onestamente no. Non immaginavo che gli sceicchi potessero andare su questo tipo di giocatore anche perché De Laurentiis si era mosso bene sotto traccia, facendo tutto in silenzio come sempre».
Veiga è soltanto l’ultimo colpo in ordine di tempo. Il campionato saudita è diventato un competitor?
«Ormai bisogna tener conto di questa realtà. A dire il vero, il fenomeno arabo è sempre esistito solo che adesso è cambiata la loro strategia».
In che modo?
«Prima investivano sui calciatori, trascurando i club: andavano sugli svincolati, su elementi che volevano chiudere la carriera con ingaggi importanti. Da quest’estate invece l’Arabia ha cominciato a comprare anche direttamente dai club, non solo gli svincolati o gli scontenti».
Si può frenare questo fenomeno?
«Assolutamente no. Non si può fare nulla. Anzi. Bisogna prendere atto di questa realtà. Bisogna accettare che oggi c’è maggiore concorrenza. Il fenomeno è dovuto ad una maggiore ed evidente liquidità. D’altronde già gli sceicchi avevano “inflazionato” campionati come quello inglese prima e poi anche in Francia. Ma non è detto però che tutto sia negativo».
In che senso?
«Alla fine i 40 milioni agli spagnoli sono arrivati… Gli investimenti faraonici che fanno gli arabi, pagando i giocatori ai club, portano liquidità alle società che vendono. È anche un meccanismo a pioggia che permette un maggior benessere dei club sul mercato globale. Come ogni novità in un mercato bisognerà solo aspettare che tutto si riequilibri. Ci sarà più ricchezza nei club, ma bisognerà avere anche maggiore capacità di scouting oltre che confrontarsi con mezzi adeguati».
Quali mezzi?
«Nella ricerca e nell’ingaggio dei giocatori: se un domani so che posso rivendere un elemento ad una cifra maggiore in Arabia Saudita è chiaro che posso immaginare di spendere di più sul mercato. Ma tutto questo però è anche dovuto al fatto che alla Fifa è sfuggita la cosa di mano».
Si spieghi.
«Parliamo di Paesi che non si sottopongono alla stessa regolamentazione economica dei club europei e della “zona Fifa storica” ne consegue che la diversa regolamentazione del fair play gli permette di agire in maniera incontrastata».
Si può fare qualcosa?
«Magari la Fifa poteva farlo prima, ma nei confronti degli arabi è sempre stata debole. Non dimentichiamo che siamo stati costretti a giocare un Mondiale a Natale. Questo solo perché gli arabi hanno un potere economico incontrastato, sponsorizzano tutto e tutti. Gli sceicchi vogliono imporsi a livello mondiale e lo fanno adoperando quello che per loro è l’elemento più semplice: la mattina aprono i rubinetti ed esce il petrolio».
Possibile siano solo i petrodollari a condizionare un calciatore?
«Parliamo di cifre fuori mercato. Non comprano il giocatore offrendogli un milione in più, mettono sul piatto 10 milioni in più per ogni stagione. Immaginando che una carriera ben retribuita dura 10-15 anni, se puoi guadagnare dieci volte tanto è quasi impossibile rifiutare. Da quest’anno, poi, è scoppiata la bomba perché cominciano ad accontentare anche i club. Hanno cambiato strategia, insomma».
Ok per un giocatore a fine carriera, ma se anche i giovani sono attratti dall’Arabia è il segnale del non ritorno?
«Effettivamente fa paura quando ci vanno giocatori come Veiga con carriere ancora da sviluppare. Gli sceicchi hanno cambiato strategia e sono diventati più competitivi. Il mercato però si deve riequilibrare, tenendo conto di questa nuova realtà. Inutile gridare allo scandalo: se c’è un meccanismo economico-finanziario e commerciale che si sta imponendo bisogna tenerne conto. Devi cercare di chiudere repentinamente le trattative».
Dice che il Napoli ha temporeggiato troppo con Veiga?
«Evidentemente non prevedevano questo blitz. Certamente è stata una lezione che insegna a fare le cose con maggiore velocità».
Fonte: Il Mattino