Adocchiato da Giuntoli a marzo, con Veiga si poteva chiudere prima

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Il Napoli e il Celta Vigo non avevano altro da aggiungere alla stretta di mano – virtuale – scambiatasi al telefono, dopo essere arrivati al crocevia dell’affare: trentacinque milioni, bonus inclusi, e arrivederci per le firme. Che però avevano bisogno di elementi aggiuntivi, non secondari in questo calcio: l’ingaggio da riconoscere (2,2, fatto!) a Gabri Veiga, la durata del contratto (quinquennale, fatto!), le commissioni da concedere a chi l’assiste ed altri aspetti che hanno appesantito il negoziato, sino a concedere agli arabi la possibilità di intromettersi con una forza persuasiva che non è contrastabile, se non con la solerzia che non rientra tra le doti di Castel Volturno. Eppure il Napoli era in vantaggio, aveva allungato le mani su Veiga a marzo scorso, quando Cristiano Giuntoli s’era spinto a perlustrare le intenzioni del Celta Vigo ed aveva sistemato il ventunenne tra i potenziali rinforzi da non farsi scappare, nonostante il Chelsea e il Liverpool. Agli inizi di agosto, nuovo slancio, stavolta ancora più diretto, con tanto di offerta, di inevitabile differenze da saldare, di un avvicinamento definitivo e decisivo, di una fumata ormai nell’aria, mica per sensazione: per due volte Rafa Benitez non ha fatto giocare Veiga nel Celta Vigo, essendo ormai i club arrivati ad «un patto». Ma in Arabia cercavano un centrocampista con determinate caratteristiche, non a caso avevano pressato Zielinski, gli avevano offerto quei dodici milioni (per tre anni) poi girati a Veiga ed ai trenta che avrebbero dirottato a De Laurentiis, ne hanno aggiunti altri cinque per gli spagnoli. Non è mai troppo presto, per far quello che si vuole (o si vorrebbe).  Fonte: CdS

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