Tra Napoli e Inter c’è una differenza tra il campo e la panchina

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Napoli e Inter, apparentemente, sono usciti dai blocchi di partenza del campionato con la stessa esplosività: vittoria con due gol di scarto su Frosinone e Monza, doppietta abbagliante dei rispettivi centravanti, Osimhen e Lautaro. In realtà, sotto la buccia dell’apparenza, la polpa è diversa. In un punto più degli altri: per alzare il proprio rendimento e recuperare la somiglianza con la squadra dello scudetto, il Napoli ha dovuto inserire Anguissa, uno dei totem titolari, al posto dell’impacciato Cajuste, acquisto estivo. L’Inter, al contrario, dopo il buon inizio di ripresa dei brianzoli, ha ucciso la partita con l’ingresso di quattro panchinari tra il 21’ e il 35’; Cuadrado, Carlos Antonio, Arnautovic e Frattesi. E’ una differenza che vale più in positivo per l’Inter che in negativo per il Napoli. Garcia probabilmente ha mal calibrato la condizione di Cajuste, fisica, ma anche tattica, cioè il livello di apprendimento dei meccanismi azzurri, e gli ha regalato una titolarità azzardata e, al momento, precoce, che lo ha esposto a una brutta figura. O, forse, no. Forse Garcia ha calcolato il rischio e ha pensato solamente a portare in condizione il più in fretta possibile il centrocampista svedese. Si cresce anche nella sofferenza. Ndombelé, nella stagione scorsa, non è stato indimenticabile, ma ogni volta che rimpiazzava Anguissa o lo faceva rifiatare, si sentiva la sua presenza agonistica e la sua esperienza tattica. Partito il francese, tornato al Tottenham, il Napoli ha riconosciuto in Cajuste l’erede giusto e Garcia sta lavorando per portarlo in condizione al più presto. Il successore di Spalletti scoprirà presto se il brasiliano Natan avrà le spalle forti per reggere la pesante eredità di Kim, il Mostro dello scudetto. Anche qui Garcia dovrà scegliere tra la necessità di dargli campo per accelerare l’inserimento e migliorare la condizione e il rischio di esporlo a un debutto complicato. Anche perché, come visto a Frosinone, il nuovo tecnico ha ritoccato qualche abitudine tattica del Napoli che avrà bisogno di tempo per metabolizzare le nuove conoscenze. La riduzione del palleggio a vantaggio di una più veloce verticalità consente agli attaccanti da corsa, Osimhen e Kvara, di trovare più spazi aperti. L’effetto collaterale può essere una squadra più lunga (a Frosinone a tratti è apparsa tale) e quindi più difficile da difendere, in caso di transizioni pigre. Juan Jesus sabato ha disputato una buona partita e, al termine , si è detto pronto a mettere a disposizione la propria esperienza per far crescere il giovane connazionale Natan. Garcia, in questa fase della stagione, come tutti i colleghi, ha la necessità di fra crescere titolari e alternative, soprattutto se appena sbarcati. Uno dei segreti dello scudetto di Spalletti è stato proprio quello di spremere dalla panchina le energie giuste al momento giusto. Simeone ha griffato l’importantissima vittoria di San Siro sul Milan, campione in carica, e sulla Roma al Maradona. Raspadori ha segnato un gol da 3 punti contro lo Spezia e firmato una vittoria emotivamente molto significativa, come quella sulla Juventus allo Stadium di Torino. Alle spalle di Osi e Kvara, nessuno ha segnato più del panchinaro Elmas: 6 reti.

 

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A giudicare dal mercato e dalla prima verifica di campionato, la forza del Napoli dalla coperta sufficientemente lunga può diventare la forza dell’Inter. Nel campionato scorso non era così. Anzi, spesso la squadra si sgonfiava quando Inzaghi, per ragioni di stanchezza, era costretto a pescare in panchina. Prendiamo gli esterni. Bellanova aveva gamba, ma non poteva pareggiare la resa di Dumfries. La versione interista di Gosens, al di là di alcune eccezioni, non ha mai disturbato la titolarità di Dimarco. Ora la forbice tra esterni titolari e alternative è molto più stretta e si rischia il ballottaggio. Cuadrado offre cose diverse da Dumfries, più tecniche e meno atletiche, ma ugualmente preziose. La corsa da cross di Carlos Augusto non è distante da quella di Dimarco. A centrocampo, ancora di più. Nel torneo scorso, spesso il primo cambio obbligato era Gagliardini, detto con rispetto. Ora, dati per titolari Barella, Calhanoglu e Mkhitaryan, Inzaghi può scegliere tra le geometrie di Asllani, la rifinitura di Sensi e le incursioni da gol di Frattesi. Tutte opzioni di qualità che possono cambiar faccia all’Inter e spiazzare l’avversario. Le rotazioni offensive della stagione scorsa erano più nobili, certo: Lautaro, Dzeko, Lukaku. Ma Arnautovic, anche se non è la controfigura d’area di Lautaro di cui ha ancora bisogno Inzaghi, mette al servizio della squadra qualità importanti, come si è intuito subito nell’esordio di sabato con il Monza. L’Inter, si sa, ha linee di gioco sicure, fisicità dominante, ma carenze nella rifinitura. Nella classifica dei dribbling del torneo scorso stava sul fondo. Arnautovic che punta il difensore, lo salta con un doppio passo e manda in gol Lautaro è una cosa atipica nel microcosmo nerazzurro. L’affondo tecnico e il dribbling stretto per creare superiorità, doveva essere il compito di Correa che però a Milano ha quasi sempre deluso. Il talentuoso Samardzic avrebbe portato cose da numero 10 sulla trequarti, ma è evaporato dopo le visite mediche. Arnautovic può fare quello che non hanno fatto o potuto fare Correa e Samardzic e metterci anche qualche gol da 9, tipo Lukaku e Dzeko. Anche l’austriaco è molto vicino alla titolarità di Thuram che comunque copre funzioni importanti, come la corsa e l’aggressione alla profondità. Questa è il vero salto di qualità dell’Inter 2023-24: un arsenale di opzioni alternative che sono molto vicine ai titolari. Inzaghi ha già detto di essere felice di questo perché la competizione in allenamento fa crescere tutti. Certo, sarà più difficile scegliere e avere sorrisi in panchina, ma è un prezzo che Simone paga volentieri: guida l’organico più attrezzato del campionato. Con la Juve. Fonte: Gazzetta

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