Una storia infinita. Che include stima, amicizia, rispetto, soprattutto un lungo rapporto calcistico. Totò Di Natale e Luciano Spalletti si sono incontrati a Empoli dove il giovane attaccante napoletano arrivò a 13 anni. Fu affidato come un figlio alle cure di Marco Domenichini che lo allenava in Primavera. «Ma il 26 gennaio del 1997, Spalletti mi fece fare l’esordio in B contro la Cremonese. E da allora per me è sempre stato non solo un grandissimo allenatore, ma una persona a cui devo tutto. Come a Domenichini».
Fu proprio Spalletti a convincerla a trasferirsi all’Udinese dove, poi, ha fatto la storia, diventando l’attaccante per eccellenza del club della famiglia Pozzo.
«Non ci pensai due volte. Mi convinsero lui e Pierpaolo Marino. E iniziai la mia lunga storia d’amore con Udine dove ho chiuso la carriera da giocatore nel 2016. Con Spalletti allenatore arrivammo in Champions League. Devo aggiungere altro?».
Sì, lei non ha dubbi, quindi che sia l’uomo giusto per sostituire Roberto Mancini alla guida della Nazionale.
«Assolutamente. E’ l’uomo giusto. E se lo merita. Per lui è un premio giustissimo. La Nazionale è un traguardo importante che raggiungerebbe grazie ai risultati ottenuti. Gli ultimi alla guida del Napoli dove ha conquistato lo scudetto mostrando un grande calcio. Ha l’esperienza giusta per affrontare una sfida di questo tipo e, nonostante il tempo sia pochissimo, se sarà lui il ct, svolgerà al meglio il suo compito. Per come lo conosco, è già dentro la Nazionale, la sua testa è lì. Deve solo giocare la prima partita».
Diceva che ha esperienza. Anche quella per preparare le gare contro le nazionali avversarie per non fallire l’Europeo in cui giocheremmo da detentori?
«Ma certo. Ha fatto tante partite di Champions, tante sfide europee, conosce tutti i calciatori. E si prepara al meglio per quel che deve fare. Parliamo di una persona che entra al centro sportivo prestissimo al mattino ed esce tardi la sera».
Qualità da tecnico?
«E’ preparatissimo. Su tutto. E’ bravo nella gestione. Con i calciatori ci sa fare. Fa rendere tutti al massimo e si è visto quest’anno a Napoli dove ha cercato di dare fiducia a tutti. E’ uno che ti parla, lo senti vicino. E poi riesce a farti giocare come vuole. E’ completo. Sa farti capire quando devi cercare l’uno contro uno o quando devi dare la palla di prima. Ha un impianto di gioco ben collaudato. Il 4-3-3 lo predilige, ma non si può dire che non sappia giocare col 3-5-2. Con lui devi soltanto entrare in campo e giocare. Perché pure nello studio dell’avversario è bravissimo, grazie anche al lavoro del suo staff».
Lei è di parte….
«Mi ha cresciuto, Lui e Domenichini sono stati dei papà per me. E si è creato un rapporto importante. Ma qui dobbiamo parlare di calcio, di quel che è Spalletti come allenatore e di come lavora sul campo e conoscendolo da 30 anni sono certo di quel che dico».
Vi vedete ogni tanto a Empoli?
Quando lui capita a Empoli e io ci sono un pranzo o un caffè ce lo facciamo volentieri. Sicuramente è molto inorgoglito dalla scelta che ha fatto la Federazione dopo le dimissioni di Mancini».
Lei ha giocato tanto in Nazionale: 42 partite e 11 gol. Quali sono le differenze con il club per chi allena?
«Che hai sempre poco tempo. Quello è un po’ il problema. Ma Spalletti è bravo a fare gruppo. E riuscirà anche in cosi pochi giorni a organizzare una situazione positiva.
Se la chiamasse nel suo staff?
«Io vado volentieri a trovarlo e a vedere come lavora. Ha già uno staff di alto livello con tecnici validi e preparati».
Insomma, Di Natale, lei sta bene all’Orvietana dove fa il vice presidente e gioca suo figlio Filippo?
«È una cosa che mi piace. Siamo in D. Poi tengo la mia scuola calcio Donatello di Udine dove facciamo crescere talenti. E adesso sui nostri campi si sta allenando il Tucu Pereyra. Gli ho detto che se non va da nessuna parte, la nostra 10 è per lui…»