Capri, 31 luglio 2020, quando il calcio era ancora assai marginale nei pensieri della gente, quando il Covid faceva paura: «Benvenuto Victor». Alle sei del pomeriggio d’una giornata calda, con il termometro che faceva ribollire il sangue almeno quanto la crisi, Aurelio De Laurentiis prima twittò e poi commentò. «Era da un po’ che lo volevamo…». Settanta milioni, per una operazione complessa articolata con il Lilla, nella quale a parte sarebbero entrati altri quattro calciatori (Karnezis e tre giovani) per far «contento» Cristiano Giuntoli, che giocò pesante: «Pres, questo ci cambia la vita». Il calcio viveva in sofferenza, ovviamente stadi vuoti e bilanci soffocati, però il Napoli ci credette, diede una scossa all’immobilismo altrui, e rischiò, con Adl che preferì la cautela: «Mi hanno convinto a fare questo sacrificio, da 70 milioni più 10 di bonus che, considerando anche i vari stipendi che il calciatore percepirà negli anni, varrà un esborso abbondantemente superiore ai 100 milioni. Non è un calciatore dal quale ci dobbiamo aspettare tutto e subito, non è uno che fa 25-30 gol. È un giocatore che dovrà esprimere un gioco straordinario al servizio della squadra». È il giocatore, il top player come va di moda adesso, il più pagato d’Italia, il Paperon de’ Paperoni dell’area di rigore e non solo, la star dinnanzi alla quale De Laurentiis s’è spinto di nuovo oltre: quindici milioni di ingaggio, per tenerselo stretto, per evitare che un bel giorno i principi e gli sceicchi glielo portassero via. Facciano pure, se ne avranno voglia, ma non prima del 2025, quando la clausola da 150 milioni entrerà in vigore all’estero: tra dodici mesi, sarà eventualmente possibile eccedere solo in Italia, ma vista l’aria che tira sembra improbabile, si direbbe impossibile, che ci sia un club, uno soltanto, in grado di sfilare al Napoli il suo leader riconosciuto. Fonte: CdS