In cattedra dopo il calcio. Si può, parola di Willy Stendardo che, dopo una carriera tra Napoli, Salernitana, Lazio e Atalanta, ha scelto la vita universitaria. Insegna alla Luiss, prestigiosa università romana, dove si occupa di diritto sportivo con un corso tutto suo: «Il giurista entra in campo». Intervista sulle pagine de Il Mattino:
Più difficile marcare un grande attaccante o insegnare ai ragazzi i valori dello sport? «Più che insegnare, mi piace apprendere dai ragazzi cose nuove. Rappresento una università che è tra le migliori al mondo e trasmetto il valore della meritocrazia e il sacrificio».
La lezione più importante che da ai suoi ragazzi? «Nella vita sono importanti lo studio e la cultura. Per entrambe le cose bisogna dedicarsi con passione. E io cerco di trasmettere loro la passione per il lavoro e per lo studio».
Il suo percorso non nasce per caso. «Mi sono laureato in giurisprudenza nel 2014 e nel 2018 ho iniziato a fare la professione di avvocato. Ho uno studio a Roma e uno Milano. Solo dopo è nata la collaborazione con la Luiss».
Altri progetti? «Pubblicherò anche un libro che ripercorre le tappe del mio corso. È una materia interessante. Il calcio è uno sport a 360 gradi: giuridico, economico e manageriale».
In particolare lei è attento al post carriera dei calciatori. «È un tema molto particolare e sensibile. Alla Luiss abbiamo fatto delle indagini. Dopo 5 anni i calciatori vivono in uno stato di povertà, siamo arrivati all’87%. Io, invece, ho investito molto nello studio e nella cultura che è l’unico elemento per rimanere in pista e cerco per questo di spiegare ai miei ragazzi l’importanza di queste materie».
Il calcio però ha rappresentato una parentesi fondamentale della sua vita: il rimpianto maggiore? «L’esperienza a Napoli che resterà indimenticabile».
Perché? «Esordire a 17 anni nella squadra della tua città e per la quale fai il tifo è un motivo di orgoglio. Ma porta anche un po’ di malinconia. Mai mi sarei aspettato di andare via da Napoli. Il mio sogno sarebbe stato continuare la carriera nella squadra dove ero cresciuto».
Cosa accadde? «Il Napoli mi cedette alla Sampdoria perché il club aveva bisogno di fare cassa. Ero giovane e ci fu questa possibilità. Quando mi fu comunicato dal mio manager Caliendo non me lo aspettavo proprio».
Il primo ricordo del Napoli? «Il 16 maggio 1998: impossibile dimenticare quella data. Fu il mio primo giorno al centro Paradiso, lì dove si era allenato anche Maradona. A 16 mi allenavo già con la prima squadra».
Poi c’è stata la Salernitana: accoglienza difficile per il passato al Napoli? «Io sono sempre stato un professionista e molto legato alla causa. Tifo per il Napoli e per la mia città che reputo tra le più belle al mondo, ma non ho avuto mai nessun problema a Salerno in serie B. Anche i tifosi mi accolsero benissimo. I tifosi sono molto legati a quei calciatori che sudano la maglia e danno tutto. E lo stesso mi è successo a Bergamo dove ho trovato una tifoseria che mi ha veramente amato. Sono andato via da Bergamo tra gli striscioni e i cori di affetto».
Avvocato, professore e calciatore: altro da dichiarare? «Imprenditore. Ho investito in una struttura ad Agropoli, il Sea’n clear, che vanta 20 camere, bar, ristorante e centro benessere. È una cosa che mi impegna tantissimo. E condivido la gestione con mio padre. Non lo facciamo solo per business, ma per dare lavoro ai giovani del posto».
Non ci dica che è finita qui… «Eh no. Alleno anche la squadra della Luiss che milita in Eccellenza. Dalla cattedra alla panchina è un attimo: mai dire mai. Mi piacerebbe allenare in futuro tra i professionisti. L’anno scorso abbiamo anche raggiunto la finale di Coppa Italia».