« Non sono scappato da nessuna parte. Non ho ucciso nessuno. Non credo di meritare tutto il fango che mi stanno buttando addosso. Non ho ammazzato nessuno, merito rispetto. E l’Arabia Saudita non c’entra nulla. Proprio nulla». Nella lunga e caldissima mattinata di Mykonos, dalle isole Cicladi, parla Roberto Mancini. Ha voglia di spiegare e di raccontare. Due lunghe telefonate, ripetendo gli stessi concetti, riunite in una sola intervista. La delusione per una decisione sofferta, spiazzante, di cui forse non si rende ancora bene conto per l’effetto prodotto e le modalità di esecuzione, si mescola con la rabbia per le reazioni velenose e le critiche provocate dalle sue dimissioni. Sorprendenti per gli italiani e la Federazione. Meno per chi aveva raccolto l’indiscrezione di una possibile offerta in arrivo dall’Arabia Saudita e qualche turbamento per il faticoso parto del nuovo staff tecnico, ufficializzato il 4 agosto in via Allegri. Lunedì scorso lo avevamo chiamato per salutarlo e verificare se l’ipotesi araba potesse acquistare realmente consistenza. «No, non è vero» ci aveva risposto. Molto meno rassicurante era sembrato a proposito dei temi legati al suo lavoro azzurro, alle novità appena partorite, ai prossimi impegni. Ci aveva quasi gelato al telefono: «Di fronte a questo, che fai? O ti dimetti o vai avanti. Io vado avanti». Un dubbio ci aveva assalito, chiudendo la conversazione. Mister, ci vediamo in Macedonia? La risposta era stata affermativa: «Sì, vado avanti». I saluti, fissando l’appuntamento classico a fine mese per le probabili convocazioni. È seguito il silenzio, interrotto domenica, quando è arrivata la notizia delle dimissioni, di cui ha deciso di parlare ieri.
Gli italiani non hanno capito perché lascia la Nazionale, qual è il motivo?
«Perché dopo cinque anni e mezzo può succedere, ne mancavano altri due e mezzo di contratto, era da mesi che ci stavo pensando, forse era arrivato il momento di lasciare, perché quando certe cose, certe situazioni, cambiano all’interno, vuol dire che comunque si sta andando verso la fine. Lo ripeto, non credo di aver ammazzato e di aver mancato di rispetto. Non ho ucciso nessuno. Mi dispiace aver letto e sentito certe cose. Ho sperato di poter andare avanti perché allenare l’Italia mi piaceva moltissimo, però, quando poi le situazioni cambiano e capisci che è arrivato il momento di lasciare, devi anticipare i tempi delle tue decisioni e, ripeto, con grande dispiacere, l’ho fatto. Lo so, il momento, ma c’è anche una squadra che ha fatto la Nations a giugno, non la lascio per la strada e non parte il campionato domani mattina, anche se c’è poco tempo. Quando prepari una Nazionale hai una sola settimana di allenamento. Questo è il nostro lavoro purtroppo, ma non mi sembra giusto tutto quello che ho sentito. Era il momento di lasciare».
In federazione sono offesi. Si sentono parte lesa, siamo a Ferragosto, non è stato un addio usuale alla Nazionale.
«È dal 7 agosto che parlo con la Federazione. La decisione è stata presa adesso, ci sono venticinque giorni agli impegni con Macedonia del Nord e Ucraina (non tanti per la verità, ndr). Mi dispiace, certo. Potevo anticipare di una settimana la mia scelta, questo sì. È quanto mi rimprovero. Le nomine delle nazionali erano state ufficializzate il 4 agosto. Non è passato troppo tempo da allora».
Ci spieghi meglio la storia dello staff. Ha accettato, come dicono in via Allegri, o non ha accettato il riordino dei quadri tecnici? Gravina le aveva consegnato il coordinamento delle Under 21 e 20, certe scelte risulta siano state indirizzate da Mancini.
«Non è che non fossi d’accordo con la nomina a supervisore: in quanto allenatore della Nazionale A, avevo dato indicazioni riguardo l’Under 21 e l’Under 20 e i giocatori che la massima rappresentativa avrebbe potuto attingere da queste due squadre. Potevo essere il coordinatore, ma la faccenda non era così importante…».
Le motivazioni dell’addio sono legate agli stimoli, alla stanchezza che avvertiva, non solo ai cambi, in parte condivisi e in parte “accettati”, all’interno del Club Italia?
«Le motivazioni sono un po’ tutte. Quando si inizia a parlare di cose che comunque competono al nostro lavoro, è il mio parere, penso sia giusto cambiare. Quando si cambiano delle cose e non si è sempre sul pezzo, è meglio per tutti cambiare. Quindi… Ho cercato di andare avanti perché ci tenevo tanto, purtroppo le cose finiscono».
Dello staff era rimasto Salsano. Evani è andato via. Lombardo, Nuciari, Di Salvo, ancora in Federazione, ma più distanti dal suo gruppo di lavoro. Non confermato Sandreani. Gravina voleva rinnovare, così sapevamo da un anno.
«Quando le cose cambiano o iniziano a cambiare, secondo me non si è più sulla stessa lunghezza d’onda e prima che accada qualcosa di più grave è sempre meglio anticipare, sebbene l’abbia fatto con grande dispiacere. Alla Nazionale tenevo moltissimo».
Gravina dice che vi siete sentiti venerdì e poi nella serata di sabato sono arrivate le dimissioni via Pec.
«Vero. La prima volta ci siamo scambiati dei messaggi il 7 agosto. Ci siamo risentiti al telefono. E dopo altri due giorni ho mandato la Pec. Un atto dovuto, l’unico possibile dal punto di vista formale, solo così avrei potuto dimettermi. Punto. Dovevo fare questo, mandare una Pec, avendo maturato la decisione di lasciare. Poi dopo le cose potevano cambiare».
In che senso potevano cambiare? Si aspettava che Gravina potesse trattenerla?
«Certo. Se uno vuole, le cose può farle cambiare».
È ancora una possibilità oppure no?
«No… Penso stiano prendendo Spalletti, al quale faccio tanti auguri».
In Federazione e non solo sostengono che Mancini abbia deciso per una questione di soldi, allettato da una ricchissima offerta. Si parla di Arabia Saudita.
«Guardate, di offerte ne ho sempre avute, ne ho avute dopo l’Europeo, durante l’Europeo, prima e dopo l’eliminazione dal Mondiale. Ne ho sempre avute e ne ho, perché faccio questo lavoro. Sono un allenatore e nel momento in cui mi capiterà la proposta che mi piace la accetterò. Il motivo per cui ho lasciato la Nazionale non è sicuramente questo, altrimenti lo avrei fatto prima. Per me l’Italia è venuta sempre prima di tutto. Poi, dopo tanti anni, ho ricevuto diverse proposte che valuterò nelle prossime settimane (anche il Messico, ndr), ma al momento non c’è niente di concreto. Faccio l’allenatore, non è che possa stare fermo. Certo, se capita qualcosa che m’interessa… Però l’Arabia Saudita non c’entra nulla».
Dunque nel momento dell’indecisione avrebbe voluto avvertire più fiducia. Questo sta dicendo?
«Se mi avessero dimostrato che mi volevano comunque… Ho pensato una cosa che non mi è stata poi dimostrata. Io avevo bisogno di tranquillità per lavorare perché secondo me si è iniziato a toccare un po’ di cose, sono venute meno certe
situazioni. Questo è il mio dispiacere».
Non si può dire che Gravina e la Federazione non l’abbiano difesa e protetta dopo l’esclusione dal Mondiale. Per quanto potessero esserci idee diverse su come andare avanti, gli italiani sono rimasti sorpresi. Mancini ha spiazzato tutti.
«Ma non è successo niente… Cambia l’allenatore. Ho vinto l’Europeo, è la cosa più bella che abbia vinto e che resta lì. Ho deciso di lasciare, non mi sentivo più di andare avanti, non perché abbia ricevuto altre offerte, lo ripeto».
Il sogno sarebbe stato lasciare l’Italia dopo il Mondiale 2026, sembrava questo il suo obiettivo.
«Eh… Molto, mi pesa molto non poterci arrivare, perché ci tenevo, ma la vita è così».
Qualche contraddizione resta.
«La decisione è mia, come ho detto prima. Il presidente Gravina non c’entra nulla, sicuramente credo che quando inizi a cambiare certe situazioni si rovina qualcosa. Tutto qui. Le cose poi finiscono, basta. Non c’è bisogno di buttare o far buttare addosso da altri della spazzatura, diciamo della rumenta, per forza. Sono state scritte cose assurde, come è successo in queste ore».
Può davvero lasciare la Nazionale italiana per andare ad allenare l’Arabia Saudita? Le ha dato fastidio leggerlo?
«Non mi dà fastidio niente, io faccio l’allenatore di professione, quindi… Ma le motivazioni sono state altre, il resto non conta».
Dunque presto la rivedremo in panchina?
«Mi sono dimesso dalla Nazionale, tornerò prima o poi a lavorare, faccio l’allenatore».
E se dicessimo Psg a settembre?
«Chissà».
Il ministro Abodi, con cui condivide l’amicizia e il campo di calcetto al Circolo Aniene, domenica le ha telefonato. Quanti azzurri l’hanno chiamata o contattata nelle ultime ore?
«Quasi tutti… Ma è successo da poche ore, quindi qualcun altro chiamerà. Voglio ringraziare tutti i giocatori dell’attuale gruppo, sono stati meravigliosi, e tutti gli altri che hanno giocato con me in questi cinque anni».
Quanta amarezza c’è?
«Sono molto amareggiato, perché mi piace, mi piaceva fare il ct della Nazionale, ci tenevo, è normale mi dispiaccia».
Un addio così lacerante e spiazzante non era immaginabile.
«Neanche io lo immaginavo, forse avrei potuto deciderlo una settimana prima, questo sì. Però sarebbe cambiato poco nella sostanza».
Si è parlato anche di una discussione con Evani a proposito dell’impiego di Bonucci nella semifinale di Nations con la Spagna.
«Non è vero. Sono balle, sono tutte balle, tutte quelle cose che sono uscite sono balle».
Leonardo l’ha sentito in queste ore?
«Ci siamo scambiati messaggi, ma io a Bonucci come a tutti i giocatori voglio un gran bene. Si è scritto che vado via perché è arrivato Buffon, non è vero, ho grande stima di Gigi, non c‘entra assolutamente nulla il suo arrivo nel ruolo di capodelegazione, è stata una mia scelta lasciare la Nazionale, come ho detto domenica».
Dopo la Pec con le dimisssioni, ha più sentito Gravina?
«No, non l’ho sentito».
E i suoi collaboratori, da Oriali a Lombardo che ha preso l’Under 20, che faranno?
«Non lo so, non li ho ancora sentiti, molti di loro non sapevano niente».
Fonte: CdS