Le premesse non sono di poco conto: le due estati di Spalletti sono state da far tremare i polsi. Arriva e deve mettere la faccia per difendere i suoi da quell’insopportabile “che è successo contro il Verona?”. E dodici mesi fa era l’uomo che metteva la faccia (con Giuntoli) mentre il mondo Napoli contestava tutto quello che sapeva di De Laurentiis. Ovvio, Garcia ha una sfida che non è minore: ripartire da uno scudetto stravinto e con l’obiettivo di doverne vincere un altro. Ovvio, Spalletti è un’eterna spada di Damocle sulla testa di Garcia. E pian piano si capisce perché la scelta del francese: sembra, per certi versi, essere tornati a una gestione alla Ancelotti o alla Benitez. Ovvero tecnici che partono dal presupposto che i campioni sanno da soli quello che devono fare. Spalletti (come Sarri e Gattuso) erano istruttori e quasi educatori. Rudi appare sempre molto posato. Ma si vede che sa come godere dei bei momenti: al contrario di Spalletti, che trovò il tempo di fare polemica, persino nella notte dello scudetto di Udine. Diciamolo, non lascerebbe mai Napoli o qualsiasi altra città per “troppo amore”. La verità è che una cosa balza all’occhio, come impressione iniziale. Spalletti era evidentemente una persona complicata e complessa. Lui, Garcia, no. Almeno, non lo sembra. Semplice non vuol dire alla portata di tutti: ma che sarà in grado di distinguere i momenti, godersi quelli belli e lamentarsi di quelli brutti. De Laurentiis lo ha scelto per questo: perché aveva bisogno di una rottura anche caratteriale con il predecessore. Fonte: Il Mattino