Caccia al Napoli, oggi nasce la nuova Serie A. Ecco dove seguire il sorteggio
Appuntamento alle 12.30 Diretta su Dazn, Sky Sport 24
Mentre un dito ci proietterà nel futuro, quasi come se ci spedisse sulla luna, sarà inevitabile spostare i pensieri spettinati e rimettersi a divagare con la memoria: dov’eravamo e, soprattutto, cosa è cambiato in sessantadue giorni? Nell’aria c’è ancora il profumo travolgente di Napoli, la sua Gigantesca Bellezza che ha riempito quest’epoca e l’ha trasformata in leggenda: eppure, il 4 maggio, un giovedì sera (ma va!) , pare distanti anni luce, soffocato dalle sovrapposizioni d’immagini che già scandiscono un tempo nuovo e imprevedibile, ma non cancellano – non si può – l’allegria festante d’una notte irripetibile, le maschere di felicità di quella città travolgente, la sintesi del delirio. Vedi Napoli, adesso, e t’accorgi che non è evaporata quella sensazione di magia che le appartiene per natura e che lo scudetto consegnatole il 4 giugno ha diffuso nell’universo calcio e non solo: sono volate via 744 ore fa (cosa sono 744 ore?) ma l’impresa, com’è giusto che sia, è scolpita tra il marmo e i ricordi.
GLI EROI. Dal 4 maggio (o dal 4 giugno, fa lo stesso!), Napoli porta con sé c’è quell’identica e collettiva espressione da sognatrice, resta sospesa nell’inebriante atmosfera dell’estasi e però avverte il turbamento per aver perduto Luciano Spalletti e Cristiano Giuntoli, gli architetti di un capolavoro che ha oscurato il calcio italiano, lasciando la Lazio a sedici punti di distanza, l’Inter a diciotto e il Milan, a venti, costringendo le altre a dondolare su un ponte tibetano. Spalletti e Giuntoli hanno rappresentato, ognuno a modo loro un valore aggiunto, hanno inciso con invenzioni che adesso spettano a Rudi Garcia e ad un diesse per il momento immaginario, un mister X, costretto a scovare in un altrove che non sia il metaverso l’erede di Kim e a fronteggiare eventuali addii ipotizzabili o inaspettati.
CASTELLI DI SABBIA. Ma il Napoli è poi praticamente simile a se stesso, ha i tratti identitari dell’ultimo biennio, ha nel codice genetico un calcio svilu p pato da Aurelio De Laurentiis attraverso il progetto e a lle 12.30 , quando i vari Lorenzo Casini, presidente della Lega, e l’ad Luigi De Siervo e Fabio Cannavaro, Luigi Di Biagio e Alessandro Matri cliccheranno per disegnarci un orizzonte, ognuno sarà consapevole che si ripartirà alla pari o anche no. Perché intanto, mentre si metterà virtualmente la palla al centro, non varrà certo la classifica del 5 giugno, ma tutto quel che è successo da quel momento in qua e da oggi al 31 agosto, la data limite per non sospettare di aver costruito castelli di sabbia.
RIVOLUZIONI. Eppure c’è qualcosa di nuovo, tra tracce d’ “ antico ” : la Juve ha perso l’estro part-time di Angel Di Maria, gli svolazzi di Cuadrado, l’ombra di Paredes, si è “ appesantita ” con i rientri di Arthur, McKennie e Zakaria, si è rinfrescata con Rovella e Cambiaso, ha piazzato il colpo Weah, si è ricomposta parzialmente con i trenta milioni di Kulusevski ed ha voluto Giuntoli con Allegri perché due “ benedetti ” toscani assieme inducono a credere in una trasformazione plastica, che aiuti pure a domare gli effetti d’una stagione giuridicamente traumatizzante, attraversata spesso nelle aule del tribunale. L’Inter ha dovuto sgrossarsi con una robusta dieta proteica, cedendo Brozovic e smaltendo l’ingaggio di Dzeko, s’è leccata le ferite vedendo Skriniar andarsene a Parigi senza lasciare un solo euro, s’è snellita con gli addii di D’Ambrosio e Gagliardini e adesso, con Frattesi, ha appena riavviato il processo di rielaborazione che vorrebbe portarla sino a Lukaku dopo aver già preso Thuram . L’altra Milano, che è sempre da bere, non ha più la sua bandiera, Paolo Maldini mica uno qualsiasi, e neppure Frederic Massara, che intuito e visioni ne possiede: senza Ibra, un fattore caratteriale, senza Tonali, un cervello, senza Bennacer per chissà quanto tempo, bisognerà verificare quanto immense siano le spalle di Loftus-Cheek. La Roma è ancora, disperatamente, Mourinho dipendente e in quel giugno complesso in cui Tiago Pinto ha sistemato giovani qua e là per restare comodamente (?) adagiato nel perimetro e nei parametri del F fp s’è industriata, ha preso N’Dicka ed Aouar, ma non dà la sensazione di essere all’altezza di uno Special One. La Lazio è Immobile, e ci sta, ha bisogno di capire, osserva e studia, per vivere una Champions nella quale la guiderà Sarri, che l’ha vissuta a modo suo, divertendo.
PRONTI, VIA. E comunque si è in una fase interlocutoria, vale per la Fiorentina e per il resto di questa S erie A che rivivrà un pizzico di normalità (niente Mondiale e nessuna mega-sosta da subire), ci si sentirà un po’ anglosassoni (andando in campo il 23 e pure il 30 dicembre), si sistemerà il calcio tra il panettone e la tombola, si attrezzerà il solito immancabile dibattito sugli effetti devastanti della Coppa d’Africa (dal 13 gennaio all’11 febbraio), si scoprirà se e quanto sarà bella questa Supercoppa Italiana a 4 (a Gedda, semifinali il 4 e 5 gennaio, la finale l’8), si “ malediranno ” le sfide pericolose in prossimità della Champions, si ribadirà che i muscoli si usurano e poi si farà finta di niente, perché qui si avverte già in giro un pizzico di astinenza. Appena due mesi dopo.
Fonte: CdS