Votata dai club di A la vedova di Pablito: «Ci sarà anche lui al mio fianco»
Risponde al telefono pochi minuti dopo la sua elezione: «Non posso negarlo, l’emozione è tanta». Federica Cappelletti è la nuova presidente della Divisione Serie A Femminile Professionistica (tanti complimenti ricevuti, tra cui l’Ussi Toscana). Lei, che ha imparato ad amare profondamente il calcio nei tanti anni trascorsi accanto al marito Paolo Rossi, adesso vuole mettersi in gioco in prima persona, convinta di poter dare un contributo importante ad un settore in costante espansione, ma che ha ancora parecchia strada da fare.
Complimenti presidente. O preferisce presidentessa?«È uguale, non guardo il ruolo ma la sostanza. Detto questo, sono molto contenta ed emozionata, sicuramente perché è un incarico importante, ma anche perché mi richiama alla mente la persona che mi ha introdotto in questo mondo che è mio marito Paolo. Ora c’è molto da fare, credo fortemente in questo compito, dopo l’introduzione del professionismo dobbiamo continuare a dare sostanza al calcio femminile ».
Come le è venuto in mente di imbarcarsi in questa nuova avventura?«È maturata parlando e confrontandomi con il presidente della Figc Gabriele Gravina. Mi conosce e sa che quando metto la faccia in un progetto, quando ci credo davvero, do sempre il massimo. Di certo anche il fatto di aver un nome importante alle spalle ha un peso, ma il fatto che io sia la moglie di Paolo Rossi deve essere solo un plus. Penso di aver dimostrato quanto sia determinata quando voglio raggiungere determinati obiettivi».
Il suo rapporto con il calcio femminile prima di quest’incarico qual era?«Il calcio fa parte della mia vita oramai da decenni, avevo una leggenda in casa, ne ho masticato tanto… Il femminile lo seguo ormai da qualche anno perché ho sempre pensato fosse giusto sostenerlo. La determinazione che hanno queste ragazze, la voglia di dimostrare il proprio valore, quel certo senso di riscatto, sono cose che io apprezzo molto. Mi sarei voluta mettere a disposizione a prescindere dal ruolo. Adesso voglio condividere ogni progetto con i club, puntando molto sul gioco di squadra anche in quest’ambiente per cercare di raggiungere risultati importanti. Le dieci società di Serie A, con cui ho già parlato, sono molto determinate, vogliono crescere e far crescere il sistema».
Rispetto a qualche anno fa sono stati fatti enormi passi avanti, ma la strada, soprattutto se guardiamo fuori dai nostri confini, è ancora lunga.«Il professionismo è stata una vera svolta, ma resta un punto di partenza. Ora è molto importante puntare sulla comunicazione. Vogliamo creare un sempre maggiore interesse intorno a questo settore, non limitandoci all’evento partita ma facendo in modo che tutto il campionato sia facilmente fruibile, seguito e riconosciuto. Puntiamo ad aumentare il numero di spettatori, di sponsor, di broadcaster e di conseguenza le voci di ricavo dei club, lavorando molto sulla sostenibilità. La Figc si è dimostrata un interlocutore in grado di supportare economicamente la Divisione, adesso bisogna però accompagnare il calcio femminile verso una trasformazione che lo renda completamente autonomo».
Nella stagione che si è appena conclusa c’è stata giocatrice che l’ha particolarmente colpita?«È stata una stagione emozionante fino alla fine. Sono diverse le ragazze che ho apprezzato, dai nomi più noti alle più giovani. I vivai saranno un altro dei punti cardine del mio programma, sono favorevole alle società che adottano politiche virtuose nel settore giovanile, così come al reclutamento e alla formazione di tecnici, in modo di alzare il livello della preparazione».
A far crescere l’interesse per il movimento ha contribuito sicuramente il Mondiale del 2019. A breve ci sarà quello in Australia e Nuova Zelanda.«Ovviamente facciamo tutti il tifo per le azzurre. È chiaro che per il calcio femminile italiano un loro percorso positivo sarebbe molto importante, perché assieme al pubblico crescono tutte le possibili fonti di sostegno del movimento. Ci auguriamo davvero che l’Italia possa dimostrare il suo valore, arrivando anche a risultati importanti».
Lei ha mai giocato a calcio?«Io no, ma ho una nipote che gioca in Serie C e la seguo sempre con enorme passione. Le mie figlie, Maria Vittoria e Sofia Elena, hanno scelto altre strade, una fa la ballerina e l’altra nuota. Peccato, mi sarebbe piaciuto…».
Con Paolo parlavate anche di calcio femminile?«Certo, a lui piaceva molto. Paolo aveva una visione moderna del calcio, sia al maschile che al femminile, per cui tutte quelle che erano le novità, compresa la crescita del movimento donne, lo affascinavano. Sosteneva fortemente l’urgenza del professionismo anche per le calciatrici, era stato lungimirante. Quello è stato ottenuto, adesso dobbiamo dare il giusto valore alle cose: basta slogan, pensiamo a qualcosa di più concreto. Gli elementi per riuscirci facendo un ottimo lavoro ci sono tutti».
Tra emotività e competenza, quanto c’è di Paolo in questa sua scelta professionale?«C’è tanto. Se sono entrata in questo mondo in maniera così importante lo devo a lui, al fatto di aver seguito tantissime competizioni insieme, all’aver parlato ore e ore di calcio. Però poi ci sono anch’io. Paolo, ripeto, dev’essere solo un plus, qui c’è soprattutto la mia voglia di aiutare un movimento. Paolo sicuramente c’è e ci sarà, adesso però c’è anche Federica Cappelletti».
Fonte: Gazzetta dello sport