Da Hazard a Gervinho, alla scoperta dei “figli” di Rudi Garcia

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Nessuno aveva mai sentito parlare di loro due. Eppure Eden Hazard e Rudi Garcia si sono presi le copertine di mezzo mondo insieme. Come? Facile: vincendo campionato francese e coppa di Francia con il Lille (sempre nella stagione 2010-11). Insieme. Uno in campo e l’altro in panchina. Uno a deliziare con giocate meravigliose, l’altro a inventare gli schemi perfetti per esaltare il gruppo. I primi passi da calciatore predestinato, il belga li ha mossi proprio sotto la guida (attenta) di Rudi. Si sono guardati, si sono capiti e soprattutto si sono piaciuti.

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Il francese ha saputo lasciare libero l’estro del suo talentino, lo ha fatto crescere con tanto bastone, ma anche tanta carota, con la consapevolezza di avere tra le mani uno dei diamanti più puri in circolazione per quegli anni. Di Hazard e Garcia non si parlava troppo in giro prima di quell’exploit clamoroso, e il loro futuro è diventato presto di dominio pubblico. Grazie – anche – alle sapienti cure di Rudi, il belga è diventato uno dei giocatori più richiesti sul mercato, andando ad arricchire prima il parco del talenti del Chelsea e poi quello del Real Madrid. E seppur la sua carriera abbia avuto una brusca frenata nei tempi più recenti, il talento è rimasto cristallino.
A TUTTO GAS
Ma in quel Lille c’era anche un’altra freccia, che una volta scoccata andava a cento all’ora. Quel Gervinho che proprio Garcia ha voluto a tutti i costi anche a Roma, quando Walter Sabatini decise di affidargli la panchina giallorossa. Sì, perché uno con le caratteristiche dell’ivoriano faceva più che comodo al gioco di Rudi. Garcia lo ha coccolato, lo ha protetto e alla fine lo ha reso punto fermo del suo 4-3-3. Lo lasciava libero di correre a tutta fascia, senza gabbie tattiche o richieste di sacrificio in fase di non possesso. Doveva correre e seminare il panico sulla fascia: detto, fatto. Prima al Lille e poi alla Roma, Gervinho è stato un punto fermo, il motore di due squadre costruite tutte a trazione anteriore. In tal senso anche Salah (che Garcia ha allenato per qualche mese a Roma) è stato uno dei prodotti della sua scuola, anche se per consacrarsi ha dovuto aspettare l’arrivo di Spalletti.
NEL CUORE DEL GIOCO
Ma attenzione, perché gli esempi di Hazard e Gervinho potrebbero essere fuorvianti sulle capacità di Garcia. Non è solo uno a cui piacciono i genialoidi, quelli che fanno di fantasia e tecnica l’unico punto di forza. Probabilmente quei due casi sono i più evidenti, perché si sa: chi segna si prende sempre la copertina. Ma a Garcia piace lavorare tanto anche su chi sta nel cuore del gioco. Due esempi su tutti: Pjanic e Aouar. Miralem era arrivato prima del francese, ma la sua consacrazione è arrivata proprio sotto la gestione di Rudi. Lo ha trasformato, da regista a incursore, sfruttandone non solo le qualità nel calcio da fermo, ma anche nella velocità dell’azione.
Lo ha reso quel centrocampista totale che di lì a qualche anno sarebbe sbarcato alla Juventus con l’intento di vincere tutto. Come lui anche Aouar che invece Garcia ha trovato sulla sua strada non appena arrivato a Lione. Lo ha fatto crescere poco alla volta, pur essendosi reso conto immediatamente della qualità cristallina del ragazzo. Lo ha reso poco alla volta sempre più decisivo nel gioco e nell’economia della squadra al punto tale da renderlo uno dei centrocampisti più richiesti d’Europa. Lo ritroverà proprio in serie A, e proprio alla Roma che è stata la più rapida di tutte a chiudere l’accordo con il ragazzo convincendolo a sposare la causa giallorossa.

 

Fonte: Il Mattino 

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