“Scudetto simbolo della città, ora si deve aprire un ciclo”. Le parole di Marco Materazzi

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Campione del Mondo, ma non solo. Marco Materazzi ha vinto tutto con la maglia dell’Inter: scudetti, coppe Italia, anche un Mondiale per club. E quasi tutti questi successi ce li ha anche tatuati sulla pelle sotto forma di tatuaggi, perché vincere è qualcosa che ti segna per la vita. Nei giorni scorsi è stato a Napoli – da turista – e ha potuto vedere come anche da queste parti la vittoria di uno scudetto, atteso 33 anni, possa essere stata accolta dalla città in maniera più unica che rara.

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Napoli se la ricordava così?
«Conoscevo Napoli, ma non così. Ci sono stato tante volte ma bisogna fare quello che ho fatto stavolta per capire cosa sia questa città. L’ho girata, l’ho vissuta e ho capito cosa sia una gioia profonda».
Ci dica.
«Ho capito quanto questa gente aspettava questo momento. Ma non solo».
Prego.
«Ho capito che questa vittoria è stata il simbolo della città. Non era scontato vincere. Il Napoli lo ha fatto superando in classifica anche squadre più forti, quindi anche per questo è stata una vittoria vissuta come una gratificazione per tutto il tempo che si era dovuto aspettare».
Per lei è stata anche l’occasione per assistere al concerto di Bono al San Carlo.
«Mia moglie ed io siamo suoi fan da sempre e l’avevamo già visto altre volte, quindi sapevamo che tipo di spettacolo sarebbe stato. Ma il fatto che avesse scelto proprio Napoli come data italiana è stato la spinta in più per partecipare. Se aveva scelto Napoli era perché sapeva che lo spettacolo sarebbe stato in una cornice meravigliosa».

 

Ma torniamo al calcio: con Spalletti si può aprire un ciclo?
«Con Spalletti si deve aprire un ciclo. Se non si apre un ciclo con questa squadra, la grandezza di quello che è stato fatto viene un po’ sprecata. Non c’è scritto da nessuna parte che una città debba aspettare 33 anni per uno scudetto. Ovviamente non è detto che si riesca sempre, ma non provare ad aprire un ciclo e dare una continuità a questo progetto che si è dimostrato vincente sarebbe uno schiaffo a quello che è stato fatto».
Eppure Spalletti ha parlato di squadra appagata dopo la sconfitta di Monza, è questo il rischio che corre adesso il Napoli?
«Più che un rischio è una cosa fisiologica. Soprattutto se vinci dopo tanto tempo che aspetti, perdere una partita ci sta. Ma credo che l’appagamento che ci può essere stato per una partita a Monza non ci sarebbe mai per la stagione che verrà».

 

Quindi sta dicendo che il Napoli può alzare ulteriormente l’asticella il prossimo anno?
«Bisogna provarci».
E quindi si pensa subito a vincere la Champions League.
«Se non viene posto come obbligo, ma viene posto come obiettivo».
Ovvero?
«Vincere la Champions è una cosa complicatissima. Il Napoli ha dimostrato con il suo tipo di calcio di poter essere una squadra europea. Quindi bisogna provarci. Innanzitutto devi proporti di provare a rivincere lo scudetto, poi lo step successivo è la Champions».

 

Da difensore a difensore: che impressione le ha fatto Kim?
«Non lo conoscevo. E il fatto che il Napoli sia stato il primo a prenderlo è un grande merito di Giuntoli. Credo che Kim sia un buon simbolo di questo Napoli, della voglia di dimostrare, del fatto che comunque crederci diventa una componente fondamentale. Abbiamo capito presto che il suo campionato sarebbe finito così. Aveva tutto quello che serve per fare bene in Italia e in Europa. Onestamente non ricordo il primo errore che ha fatto in una partita, ma credo che sia arrivato a campionato più che avviato».
Se dovesse partire in estate…
«Un anno fa ci chiedevamo cosa avrebbe perso senza Koulibaly. Scommettere due volte è più rischioso di una volta sola, ma credo che il Napoli si sia preparato e si sita preparando a un eventuale cessione che in ogni caso sarebbe pesante».
Ci spostiamo più avanti: quanto si sarebbe divertito a marcare Osimhen?
«Mi sarei divertito molto. E sicuro che gli avrei reso la vita difficile, ma per riuscire a fermarlo dipende da lui: quando Osimhen fa l’Osimhen è infermabile».

 

Il simbolo di questo Napoli campione?
«Di Lorenzo è il capitano perfetto, la colonna di una squadra italiana ma quasi totalmente fatta da giocatori stranieri. Di Lorenzo non ha mai dato mezzo dubbio a Spalletti. Fabio Cannavaro ha detto che se fosse arrivato dall’Argentina, lo avrebbero chiamato Zanetti: e ha ragione. Ma è bello che sia italiano».
Domenica arriva l’Inter al Maradona dopo una semifinale di Champions dispendiosa.
«La Champions l’ho vinta e quell’anno più vincevamo e più volevamo vincere. Se vai in finale di Champions è chiaro che hai una spinta alle spalle ulteriore. Se arrivi a questo punto della stagione come sta l’Inter devi provare a vincerle tutte. Al di là della classifica che dice che l’Inter si gioca più del Napoli: è un discorso di motivazioni».

 

Le vittorie mancano invece alla Nazionale: da campione del Mondo che effetto le fa l’Italia fuori da Mondiale per due edizioni di fila?
«Capisco questa Nazionale perché capisco quante difficoltà che ha Mancini a valutare chi può dargli abbastanza per quanto poco ha giocato. Ha un gruppo troppo ristretto di giocatori che giocano con continuità per essere utili alla Nazionale. Mi rendo conto delle difficoltà del momento del nostro calcio, in particolare in difesa e in attacco perché più di quanto sta facendo per cercare giocatori utili non può. Il 90% di giocatori dei club della serie A sono stranieri».

 

 

Fonte: Il Mattino 

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