Ci gira attorno, come fa sempre lui. Poi, Spalletti lo ammette: «Siamo stati presuntuosi, magari anche appagati e la presunzione taglia le ali. Di sicuro non sono mancate le motivazioni, diciamo che abbiamo perso tante palle. E questo non si può accettare». Ha deciso di randellare uno a uno i suoi pupilli. Alla sua maniera. Andando dritto. «Non puoi pensare che se giochi male è colpa di qualcosa d’altro. Se giochi male è solo colpa tua. Se hai cinque minuti in amichevole, è quello il momento che devi sfruttare. Se non lo fai non puoi prendertela con nessuno, soprattutto con l’allenatore». Ha il sangue alla testa. Non è una questione di record di punti, il fatto che proprio non gli piace perdere. «Partite così dicono che i margini di crescita sono pochi», spiega ancora severamente. Ma la rabbia che ci mette è un segnale di apertura: che senso avrebbe perdere le staffe se sa che va via? «Non è accettabile che poiché le cose ti vanno bene, c’è un clima sereno, tu possa permetterti una simile prestazione fatta di errori, di non posizionamenti all’interno dell’altra metà campo. Io ho “raspato” i campi della C e so bene cosa voglio dire: la mia vita è stata difficile, ho trovato chi mi voleva sportivamente uccidere. Ma se le cose sono andate bene è perché ho fatto in modo che dipendessero da me e non dagli eventi e da chi avevo davanti. Per essere un top ed un calciatore rispettato bisogna fare sempre la stessa roba». Va giù durissimo: «Se tu ti demotivi, sei un professionista limitato». Prova a far finta di avere delle colpe: «Se perdiamo, dipende da me che ho scelto male. Bisogna sfruttare i minuti che si giocano, che poi tornano utili la prossima volta che vengo scelto», ripete facendo intendere che nel mirino ci sono proprio quelli che ha gettato nella mischia.
Il Mattino