Spalletti: «Noi fortissimi? Lo dimostreremo solo completando tutto il lavoro»

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È tutto scritto nella cartina dei sogni e si fa in fretta a collegare, su una mappa, le tappe della favola: c’è stato un tempo, sino a ieri, in cui si poteva, o forse si doveva, ondeggiare tra banchi di nebbia creati ad arte ma adesso che la paura è una nuvola che solca l’anima, è inutile starsene prigionieri della cautela o della scaramanzia. «Sappiamo benissimo che dovremmo affrontare tutte battaglie difficili da vincere per portare a casa questo scudetto». L’ha detto, e l’ha persino ridetto, scardinando quella rispettosa forma di prudenza, e in quel sorriso composto, e nella mascella volitiva, Luciano Spalletti ha espresso ciò che per un po’, settimane e semmai anche mesi, ha dovuto mascherare fino a quando il diavolo non ha rimosso i coperchi ed ha scatenato brontolii di pancia: «Ma il concetto di infallibilità ci è stato affibbiato, non ce lo siamo costruito noi. Noi siamo sempre rimasti umili e sappiamo di avere dei difetti come tutte le squadre». Però adesso è il momento di riscoprire i pregi, di lasciarsi alle spalle quel senso di smarrimento che uno 0-4 può scatenare e di ricomporre il puzzle che rappresenta la storia: «Fino a che ci mancherà un solo punto per la matematica, non avremo fatto niente, tutto verrà spazzato via in un istante. Quando si parla alla squadra si entra nel pratico e io sono rimasto l’ultimo dei Samurai. Vuol dire che sono diverso da tutti. E in questo momento ci servono cinque vittorie mentre mancano dieci partite. E c’è chi dice: si fanno, si fanno. Ma se poi la palla si mette a ruzzolare male…». 

 

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 GIOCATE CON NOI. In un anno superbo, gigantesco, non c’è stato un attimo in cui Napoli sia riuscita a confinarsi nella normalità e in questa enormità – le sue vittorie, in Italia e in Europa, gli abissi a separarla dalle altre, la Grande Bellezza di uno spettacolo smisurato – per non negarsi niente, ci ha aggiunto una sconfitta ridondante e quella dimensione surreale d’uno stadio in cui si è scoperto che a un certo punto erano tutti contro tutti. «Il clima non ci ha aiutato ma non so quanto abbia potuto pesare. Non voglio entrare nelle cause di quanto sia accaduto ma penso che per questo obiettivo sia necessario trovare una soluzione: abbiamo una tifoseria leggendaria nel mondo, che ci dà ancora più forza». 

SU LA TESTA. In fin dei conti, è stata una nottata sbagliata, in cui le tenebre hanno inghiottito il Napoli: ma a Lecce, stasera, è ormai già un altro giorno, che Spalletti ripulisce dalle tossine ambientali e pure da quelle umorali d’una domenica imperfetta. «Il Milan è arrivato con il timore di perderla e noi probabilmente abbiamo avuto la convinzione che fosse una gara di riempimento in vista della Champions. Le motivazioni hanno fatto la differenza. Ne abbiamo parlato serenamente e sappiamo di dover ritrovare lo spirito di squadra. Ma ora ho visto grandi allenamenti, una velocità di fraseggio alla quale questa squadra mi ha abituato, probabilmente la migliore da quando alleno o una delle più belle che abbia mai guidato». 

FORTISSIMI. Non ci sono analisti da interpellare ma classifiche da rileggere: è tutto scolpito nei 71 punti che rappresentano un’epoca, la riempiono di Napoli e di questa sua fascinosa sfilata, in otto mesi densi del suo appeal, del suo calcio. «Ma dobbiamo completare il lavoro. Ci aspetta una buona squadra, il Lecce, con una sua identità che contro le grandi è sempre stata espressa su alti livelli. Noi domenica scorsa non abbiamo mostrato di essere la capolista con merito, abbiamo perso le linee-guida. Siamo fortissimi ma dobbiamo dimostrarlo». Cinque passi per la gloria.

 

Fonte: CdS

 

 

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