Victor ha battuto se stesso con i 25 attuali vola e verso i trenta
Osimhen si è portato avanti, impazza sui social, dopo la doppietta di Torino, con quel suo stile personale o quell’eleganza sublime che quando va in cielo, tra le stelle, disegna archi fantasiosi: sette reti di testa, nei modi più disparati e però anche eguali, che messi uno a fianco all’altro tracciano un modello esecutivo. Il primo al Torino, domenica scorsa, somiglia mica vagamente a quello di Bergamo, ha lo stesso produttore (ch’è Zielinski), arriva da angolo, uno direttamente e l’altro dopo piccolo tacco, e viene esaltato sfuggendo via in elevazione ad un groviglio di famelici difensori che possono semplicemente ammirarlo, senza avere la minima intenzione di opporsi a quel gigante che approda dove gli umani non riescono, né riuscirebbero. Ma pure il suo secondo, sempre al Torino, quello sul palo lungo dove arriva il traversone di Olivera, ha analogie con qualcosa che gli appartiene geneticamente, per esempio l’1-0 al Maradona con l’Udinese: in quella circostanza era meno decentrato, ma la dinamica non discosta molto, né l’esplosività può essere ritenuta meno potente. E Osimhen, che ha già battuto se stesso, sta a venticinque gol stagionali, ma mancano ancora un bel po’ di partite, undici di campionato e almeno due di Champions: e sbirciando nella vita di Drogba ci si può dare coraggio, perché DD a ventiquattro anni si era fermato a ventuno reti con il Guingamp, mentre a venticinque, con l’Olympique, diede il suo primo strappo, si issò fino ai 32, neanche il massimo della propria carriera, che ha raggiunto il picco con i 37 al Chelsea, quando però ormai il centravanti della Costa Rica era oltre i «trenta» e si portava dentro un bel carico di esperienza. E quando Osi sarà diventato Drogba, ci sarà chi vorrà essere Osimhen. Fonte: CdS