Madame ne aveva vinte diciannove, ne aveva persa una ed era stata bloccata per tre volte sul pareggio: da quel momento, avrebbe intrapreso un cammino sublime, macchiato (ma guarda un po’) solo a Napoli da Callejon e Mertens, gli interpreti speciali di una squadra che con Benitez in panchina avrebbe cominciato a sentirsi internazionale nelle forme e nella sostanza. La Juve di Conte andò a vincere al Meazz a , contro il Milan, si prese il derby di Torino, ringraziò Osvaldo alla penultima all’Olimpico che evitò l’eventuale unico pareggio di quel finale, vissuto passeggiando con lo scudetto al petto ed una voracità insospettabile: quattordici successi su quindici, per segnare un tempo, un’epoca e magari l’eternità. Fonte: CdS