L’arte del dribbling: gli specialisti dell’uno contro uno si sono evoluti

DA KVARA A LEAO CHI SALTA L’UOMO SERVE SEMPRE

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Date un pallone a due bambini. Proveranno a passarselo. O, più probabilmente, cercheranno di superarsi uno con l’altro palla al piede. Perché il dribbling appartiene all’essenza stessa del calcio, ne rappresenta la natura più istintiva. Il calcio primordiale infatti si basava proprio su quello: quando nel 1863 la Football Association ne stabilì le regole fondamentali per differenziarlo dal rugby, il passaggio non era quasi nemmeno previsto, i giocatori si affrontavano con il solo intento di portare individualmente il pallone verso la porta avversaria. Solo qualche anno dopo gli scozzesi iniziarono a trasformarlo in un “passing game”, fino all’invenzione della Piramide di Cambridge nel 1880. Fu la prima scintilla tattica a essere introdotta nel calcio. In quasi un secolo e mezzo, poi, la tattica ha finito per prendere il sopravvento – soprattutto in Italia ai giorni nostri, verrebbe da dire – ma il dribbling resta una parte del gioco primaria. Anche se se ne vedono sempre meno, di giocatori che cercano la giocata per superare direttamente l’avversario, ma ci sono ancora gli specialisti. Sono quasi tutti decisivi e non è un caso. Il dribbling è ancora fondamentale per come il calcio attuale si è evoluto.

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Fondamentale Non solo tecnica, ora serve velocità

La tendenza degli ultimi anni ha riportato in auge la marcatura uomo su uomo, quella alla Gasperini per intenderci. Asfissiante, a tutto campo. In un contesto del genere, diventa fondamentale saper superare il proprio avversario diretto – quante volte sentiamo parlare dell’importanti dei duelli individuali? – e dunque avere uno che sa “saltare” l’uomo è importantissimo per ottenere la superiorità numerica. È quella che le squadre vanno cercando con il possesso palla, la circolazione da una parte all’altra, con la costruzione bassa o con il lancio diretto in avanti: essere di più. Se ci pensa un uomo solo, ovviamente, tutto diventa più semplice e immediato. Certo, il dribbling non è più quello di una volta, quando si imparava per strada, tra ostacoli “umani” e non: terreni accidentati, sassi, veicoli, di tutto. Era un esercizio di destrezza, tecnica purissima, roba da numeri 10. I dribblomani più puri sono sempre stati dei funamboli dotati di classe pura: gente come Sivori era capace di farti passare la palla in mezzo alle orecchie da fermo. Ma fermo o quasi era il calcio che si giocava. Ora è uno sport quasi da super-atleti, il gioco è velocissimo ed estremamente fisico. E i dribblatori hanno dovuto adattarsi. Oggi i migliori sono i più veloci, che alla tecnica – quella non può mai mancare – uniscono la rapidità nel breve, si sposta la palla e via in un lampo. I “puri”, i numeri 10, rimangono – Neymar, Dybala, Messi che però è rapidissimo di suo, Ilicic nel recente passato – ma le statistiche portano ai primi posti i velocisti o comunque gli esterni.

I migliori Kvara, Leao e il Milan Sorpresa Parisi

Il giocatore che prova più dribbling in Serie A è Kvaratskhelia: ne ha tentati 99, è il terzo con 30 per quelli riusciti. Il georgiano è lo spaccadifese del Napoli, Rafael Leao quello del Milan: secondo per tentativi (81), primo per riusciti (37). Il secondo miglior dribblatore del campionato, a sorpresa, è Fabiano Parisi, terzino sinistro dell’Empoli: brevilineo, veloce, molto tecnico. Poi due del Sassuolo. Laurienté, come Leao e Kvara, è un altro che rientra da sinistra per tirare con il destro, una specie di marchio di fabbrica dei migliori. Poi Frattesi, l’unico centrocampista. I due neroverdi hanno 28 dribbling riusciti, come il laziale Felipe Anderson. Ne prova tanti il torinista Radonjic (terzo con 68, 25 quelli riusciti) e pure il leccese Banda (65 tentati, 26 riusciti). Non è tra i primi dieci il dribblomane seriale degli ultimi 5 anni di Serie A, Jeremie Boga: primi passi fulminanti, 680 dribbling tentati, 379 riusciti. Il più vicino a lui è Federico Chiesa, comunque lontanissimo a quota 470. A livello collettivo, il Napoli di Kvara è la squadra che cerca con più insistenza ed efficacia il dribbling (419 tentati, 183 riusciti). Poi c’è l’Udinese di Udogie e Pereyra (388, ma quartultima per percentuale di successo: 39,4). Vicinissime Milan e Roma, terza e quarta con 371 e 370 ma con diversa efficacia: 47,4% di riuscita per i rossoneri (i migliori), 42,7 per la Roma, che oltre a Dybala non ha grandi dribblatori. Fonte: Gazzetta

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