L. Spalletti: “Le tabelle? In questo momento penso alla Cremonese. Lo stadio pieno ci darà più energie”
Il tecnico del Napoli è stupito dal vantaggio creato con le dirette concorrenti
Seduto sui propri pensieri, dinnanzi a quell’orizzonte vasto che può spalancargli pure l’olimpo degli dei, Luciano Spalletti lascia che l’aritmetica non diventi opinione diffusa e che il calcio, il suo calcio, prima di trasformarsi in poster assuma forme fatte e finite. «Non so se questa sia la mia squadra più bella, non me lo chiedo neanche, soni discorsi che non mi appartengono. Io vivo il presente, per il futuro ci sarà tempo di parlarne. E anche del passato». E’ vietato sospettare d’essersi adagiati in una vigilia piatta, di una partita ormai già assegnata dal destino: sarà pure un testa-coda, come s’usava in quel calcio che Spalletti ha già attraversato a modo suo, andando sempre alla ricerca di una godibile bellezza, e in quelle trappole che s’avvertono qua e là, è obbligatorio infilarci il sacro furore della diffidenza, quella paura artificiale che serve per scovare motivazioni da non far sopire mai, perché la Cremonese…«E’ quella che ci ha buttato fuori dalla Coppa Italia e un po’ ancora ci girano le scatole. Abbiamo perso la possibilità di dare spazio a chi ne avrebbe meritato, penso a Gaetano che diventerà uno dei centrocampisti più bravi, o a Zerbin o a Zedadka o a Bereszynski o a chi gioca meno, e invece…Invece sappiamo che alla Cremonese è difficile dare il colpo del k.o. Ma noi vogliamo vincerla, dobbiamo». Perché c’è ancora un domani, nonostante tutto, e non c’è modo di voltarsi, pensare a ciò che siano stati questi sei mesi, pieni di un Napoli che gli somiglia pure negli intercalari, che ha slanci di vitalità incontrollabile oppure, quando serve, un autocontrollo che l’induce a palleggiare attraverso le conoscenze della propria natura, sempre eversiva, rivoluzionaria: la matematica è esercitazione da soffocare, non esistono calcoli, ma sistemando allo specchio e rileggendo qualcosa di sé, Spalletti non può negare ch’è stato bello. «E che sono rimasto stupito dall’atteggiamento dei ragazzi, capaci di esprimere gioco di qualità sia in campionato che in Champions. Ma con tutto questo vantaggio, non si poteva prevederlo. Però a me non piace quando si dice che ci basterebbe vincerne tredici, perché non sta scritto da nessuna parte riuscirci, né immagino sia facile. Io le tabelle non le faccio e mi concentro esclusivamente sulla Cremonese». E su quello stadio, il «Maradona», ch’è già pieno dei suoi sogni, quello sì poster di una esistenza che può trasformarsi in magia. «Posso dire che l’attesa della nostra gente m’emoziona: vivremo in un clima bellissimo, che ci dà vantaggi. La folla spinge la squadra a dare persino qualcosa in più, lo spettacolo diventa meraviglioso. Mi spiace sapere che non avremo quelli della curva a Reggio Emilia contro il Sassuolo, la prossima settimana, ma cercheremo di regalare loro una gioia già stavolta, in una gara che non ci permetteremo di sottovalutare, perché non è da noi».
TUTTI I TABU’ . Il suo mondo è adesso, non prima, né dopo: c’è un solo amabilissimo tormento, si potrebbe anche definire tenerissima ossessione, che soffoca qualsiasi altra divagazione, i soldi, il contratto, ‘ste cose qui, che appartengono ad un microcosmo dal quale Spalletti ormai se ne sta fuori. «Il mio contratto è un minuscolo dettaglio al confronto di questa grandissima occasione. Se poi vogliamo crearci problemi, possiamo allora anche metterci a chiacchierare di me, dei calciatori, del mercato». L’unico patto è da (ri)scrivere con la Storia.
Fonte: CdS