In quel pallone nel quale s’annida un mondo, il suo, Aurelio De Laurentiis infila tutto lo scibile umano, forse anche altro: la vitamina C – sta per calcio – è l’universo che da diciannove anni attraversa ormai a testa alta e confessandosi alla Bild, partendo dalle origini di quella full immersion ch’è servita per anche distrarsi dall’evoluzione dei tempi e della sparizione dei cinepanettoni, i rimbalzi irregolari trascinano ovunque, nei sogni da vivere, nei tackle del mercato da evitare, nelle visioni tecnologiche d’un futuro da cavalcare adeguatamente, nelle emozioni che scatena Maradona, nella rivoluzione da introdurre prepotentemente, perché la clessidra va veloce.
1) IL CUORE. La sintesi di una analisi macroscopica su quello ch’è stato e quello che può accadere può essere contenuta in dieci tavole sulle quali riportare la storia o anche comandamenti utili per rimodellare il football moderno. Ma il cuore di queste pubbliche confidenze, ovviamente, è negli effetti magici d’uno scudetto che sta lì, e De Laurentiis vede, alla faccia della scaramanzia. «Il Napoli ha vinto due campionati, entrambi nell’era Maradona. Dopo quella breve storia, questo club è fallito, ed è finito in Serie C. Poi sono arrivato io. Sotto la mia presidenza e in 19 anni, abbiamo ricostruito una squadra che non esisteva più a causa del fallimento. Siamo tornati in Serie A a tempo di record e abbiamo giocato 14 anni di fila in Europa, compresa la prossima stagione. Il campionato sarebbe il giusto coronamento di un decennio straordinario. Per la città significherebbe prestigio, buoni affari, ripresa e riscatto».
2) LA SVOLTA. Il miracolo Napoli ha radici lontane o anche vicine, perché tanto cambia nell’estate del 2022, con quella conversione del Progetto c’è stato «il coraggio e la visione di ringiovanire la nostra squadra e di rafforzarla con talenti di grande qualità. E Spalletti sa perfett amente come valorizzare questi giovani giocatori e farci giocare in modo spettacolare e vincente».
3) IN NOME DI DIEGO. Trentatré anni fa c’era Diego, il Dio in terra d’una città nella quale tutto sa di lui, della sua genialità irraggiungibile che De Laurentiis celebra senza limiti, né paragoni: «Maradona non è stato solo il più grande giocatore di tutti i tempi. Per Napoli è stato un mito, e un uomo che è riuscito a spingere i napoletani ad ambizioni sportive sconosciute. Non solo ha vinto due campionati e una Coppa europea, ma ha dato alla gente orgoglio e fiducia in se stessa. Era un campione e ha scelto Napoli come luogo in cui mostrare il meglio di sé. Stiamo parlando di un campione che non esisterà mai più. Il fatto che ora giochiamo in uno stadio che porta il suo nome, lo dobbiamo semplicemente a lui».
Fonte: CdS