Guido Trombetti:
“Con Cannavaro cade un’altra testa tra i campioni del mondo 2006 che hanno tentato l’avventura da allenatore (cfr il fallimento iberico di Gattuso). E quelli che resistono campicchiano in serie B. Certamente l’esonero di Cannavaro ci addolora (oltre la pericolosa china del Benevento a me molto caro). Purtroppo però non basta essere stati grandi giocatori per essere dei tecnici di valore. Sacchi era stato un giocatore scarso. Spalletti non ha avuto una carriera da top level come calciatore. Pioli restò una promessa. Simone Inzaghi giocò appena tre partite in nazionale. Sarri non so se sia mai arrivato in serie C. Mourinho come calciatore fu praticamente uno sconosciuto. Klopp idem. Ovviamente, sia chiaro, esistono le eccezioni come Liedholm, Ancelotti, Zidane o Guardiola. Ma ripeto: non basta una grande carriera da giocatore per essere un buon tecnico. Come mai? Secondo il mio grande amico Enrico Fedele, vecchia volpe del calcio, i grandi giocatori difficilmente diventano grandi allenatori perché ritengono sia facile tutto ciò che loro sapevano fare con naturalezza. E faticano ad insegnarlo perché lo trovano quasi ovvio da mettere in pratica. Può darsi sia la lettura giusta.
Ma passiamo al Napoli. Parlo del terzo gol. Che a mio avviso è il dna della stagione del Napoli: l’armonia di squadra ritrovata. Kvara avrebbe segnato lui quel gol anche in giacca e cravatta andando al San Carlo. Eppure ha preferito servire il compagno che era in posizione migliore. Un gesto di generosità e di maturità che è indice di un clima armonioso nello spogliatoio. Non dimenticate che per istinto un attaccante vero (e Kvara lo è) a pochi metri dalla porta conclude lui.
La squadra contro un avversario chiuso a riccio ha avuto pazienza. Senza mai farsi prendere dall’ansia. Qualcuno ha detto che ha sbloccato la partita con un pizzico di fortuna. Io rispondo la fortuna se la è meritata occupando la metà campo avversaria per 90 minuti. Faber est suae quisque fortunae”. Fonte: Il mattino