Osimhen in tre anni ha dovuto rinunciare a parecchio di sé – sette partite quest’anno, quindici nella passata stagione, addirittura ventuno nella sua prima annata – e i suoi quarantatré capolavori sono nati tra mille disavventure, da l Covid alla frattura facciale alla commozione cerebrale. E si può scavare nelle sue prodezze, restare storditi dal palleggio di Leicester – due pallonetti in sequenza, per superare prima Söyüncü e poi Schmeichel – per spingersi sino alla Roma, il gol di gennaio, nel quale c’è la sintesi di ciò che Spalletti sostiene da sempre: «Fa movimenti che sfuggono alla comprensione degli avversari e ha margini di miglioramento impressionanti, non possiamo neanche immaginare dove possa arrivare».
Osimhen è cambiato, ha lavorato su stesso, ha seguito nei dettagli le indicazioni di Spalletti, ha smesso di essere alla bulimi c a ricerca del gol, che ha continuato a trovare giocando per la squadra, è capace sempre di far reparto da solo, però deliziandosi con i compagni, sostenendoli nelle trame, e quando serve se ne va in difesa, copre il primo palo sui corner degli avversari e poi riparte. La sua natura lo richiama al dovere.
Fonte: CdS