Il calcio cerebrale di un Napoli d’avanspettacolo appartiene, nella scenografia, all’intelligenza di Stanislav Lobotka ( 9,5 ), un regista quasi fuori dal tempo, dentro copioni a cui offre il ritmo, le pause, i toni didascalici o persino epici. Lobotka è il capolavoro di Spalletti, capace di restaurare l’anima stessa d’un calciatore abbandonato ai margini del Napoli, che con la sontuosa raffinatezza di Anguissa ( 8,5 ) e l’indefinita leggiadria – persino nell’incompiutezza – di Zielinski ( 7,5 ) declama il football verticale, da spargere con il palleggio e nello spazio frontale, con un equilibrio tattico che offre densità e pure il lavoro sporco.
Ma nel mezzo, alle spalle di un terzetto che ha gerarchicamente le stimmate dei titolari, s’è fatto largo Elmas ( 7,5 ), il «gioiellino» ormai non più grezzo ma rilucente, e poi ha concesso ossigeno Ndombele ( 6,5 ), con il suo carico d’esperienza e una fisicità rigenerante a partita in corso; mentre Gaetano ( sv ) e Zerbin ( sv ) studiano, crescono e imparano, accompagnandosi a Demme ( sv ), adagiato da Lobotka in una sala d’attesa.
Fonte. CdS