Napoli da scudetto, Careca: «Osimhen come me, bomber senza limiti»
Careca si rammaricava di aver trovato pioggia, ora si gode il sole di Napoli. È tornato qui, nella città dove, negli anni di Re Maradona, lui era, ed è ancora, Vicerè. Lo aspettano alcune puntate del programma televisivo Legends condotto dall’ex compagno Renica. «Io e Osimhen?», ripete nella hall dell’hotel Mediterraneo Naples Marriott, fuori ci sono i tifosi che lo aspettano per selfie e autografi. «Siamo diversi. Ma tutt’e due forti, credo».
Ci spieghi. «Osimhen più alto e più forte fisicamente, bravo a giocare negli spazi larghi. Io ero più a mio agio in quelli corti, interessato più all’aspetto tecnico che a quello tattico. Mi colpisce la fame di Osimhen: va in campo con determinazione e voglia di gol, per segnare e creare spazi ai compagni con i suoi movimenti, non è una punta centrale statica».
A chi rassomiglia? «A se stesso, ha caratteristiche uniche. Un po’ come Haaland, l’asso del City, che sembra pesante e invece ha una straordinaria agilità. Osimhen sta facendo grandi cose dopo aver superato tanti problemi fisici e non ha ancora mostrato il meglio di sé: i margini di miglioramento sono notevoli. Intanto, la sua regolarità colpisce: segna sempre. Ha una forza di volontà incredibile e poi è come se la palla cercasse lui e non viceversa. Si posiziona benissimo, è sempre nel vivo dell’azione».
Cinquanta punti in 19 partite: aver chiuso lassù il girone d’andata significa che il Napoli ha vinto mezzo scudetto? «Il Napoli gioca meglio di tutti, il distacco rispetto a Milan e Inter lo conferma. La Juve è uscita definitivamente dal discorso dopo la penalizzazione. Ma non sono le altre ad avere dei limiti: è la squadra di Spalletti che ha un passo straordinario, grazie alla qualità dei suoi calciatori e alla fame di successo che hanno. Vanno sottolineati anche i meriti dell’allenatore e del suo staff, oltre a quelli di De Laurentiis e del direttore sportivo Giuntoli: questa squadra è stata ricostruita, dopo la partenza di giocatori importanti, con ottimi investimenti tecnici e senza spendere troppo. E poi c’è altro perché la bravura di un calciatore o di un allenatore non è tutto».
Cos’altro? «C’è questo grande spirito di corpo che spinge il Napoli. È una famiglia, si vede dall’entusiasmo con cui i ragazzi si abbracciano dopo un gol. Era la stessa atmosfera che si viveva ai nostri tempi».
È una squadra così forte che vince anche senza Kvaratskhelia. «Che è un grandissimo talento ma il Napoli deve abituarsi a giocare non esclusivamente dal suo lato. Serve maggiore equilibrio e bisogna sfruttare anche la fascia destra, questo per consentire a Kvara di non essere sempre nel mirino dei difensori, come è accaduto nella partita contro l’Inter. Spalletti è bravo a mettere in campo una squadra che attacca e gioca ma senza rischiare. Non difende ad oltranza e non spinge a testa bassa. Se il Brasile avesse avuto questo equilibrio nelle partite decisive del Mondiale…».
Cosa può togliere il terzo scudetto al Napoli? «Nulla, credo. Ai miei tempi, il campionato si decideva nelle ultime giornate, stavolta penso che la squadra possa vincerlo già a metà del girone di ritorno».
Non c’è da temere un calo? «Ci sarebbe da temere qualche passo falso dovuto a errori di sottovalutazione di una partita, di un avversario. Ma questo non accadrà perché Spalletti è bravo anche a fare un quotidiano lavoro psicologico. E si vede. La squadra è sempre concentrata, a prescindere da chi ha di fronte. Riuscirà a concludere benissimo questa stagione proprio perché interpreta le partite come finali. Sarà così anche nella prossima contro la Roma. E io ci sarò al Maradona».
E quando, tra un mese, ripartirà la Champions? «Spalletti ha una rosa ampia e forte, saprà gestire il doppio impegno. Mi fa piacere che il Napoli affronti l’Eintracht: le squadre tedesche ci portano bene, noi vincemmo la Coppa Uefa battendo in semifinale il Bayern e in finale lo Stoccarda. E io giocai quella partita anche se la sera prima avevo la febbre a 40°. Non me la sarei persa mai, quella finale era la picanha, il pezzo di carne, come diciamo noi brasiliani. E feci anche gol. Il Napoli può arrivare alla finale di Champions perché fino alle semifinali c’è la doppia gara e può rimediare a un’eventuale sconfitta».
Il Napoli aprirebbe un ciclo con il terzo scudetto? «Prima lo vinca. Poi De Laurentiis deciderà cosa fare davanti ad eventuali offerte per Kim, Kvara, Osimhen… Il nostro gruppo non venne toccato perché le logiche del mercato e del business erano allora differenti: un calciatore stava più a lungo nella stessa squadra e le offerte non erano così allettanti. Invece, qui c’è un movimento continuo. Ed è ricchissimo. De Laurentiis oggi giustamente pensa a godersi fino in fondo il momento».
Sa che a Napoli, il 18 dicembre, hanno festeggiato il Mondiale dell’Argentina? «Lo immaginavo. E ho tifato anche io per l’Argentina dopo l’eliminazione del Brasile perché, al di là degli aspetti tecnici, mi sono piaciuti il carattere e l’unione del gruppo. È la stessa grinta che hanno i giocatori del Napoli, anche se il discorso è differente perché non sono tutti dello stesso Paese. Il Brasile ha fallito un’occasione unica. Il tecnico Tite ha sbagliato tutto, fin dalle convocazioni. Ma come può un allenatore dire che era complicato scegliere i 26? Con tutti i bravi calciatori brasiliani che ci sono in giro. E cosa avrebbe dovuto dire il suo collega del Marocco, arrivato quarto al Mondiale?».
Ascoltiamo anche il suo parere: Maradona o Messi? «Paragone improponibile. Messi è un fenomeno e si è visto al Mondiale. Maradona è stato altro in campo e fuori».
Fonte: Il Mattino