Zola ai microfoni della Gazzetta: “Il Napoli? Gioca alla “spagnola”. Osimhen ricorda un mio ex compagno di squadra”
L'ex numero 10 di Napoli, Cagliari, Parma e Chelsea ai microfoni della Gazzetta dello Sport
La delicatezza di Gianfranco Zola è racchiusa in un sospiro. Dolcissimo. E in qualche secondo di silenzio, prima di ricordare quel Napoli-Juve in cui segnò lui. Ma non solo lui. «Era il 1992, perdemmo 3-2, io realizzai una rete nel finale, nella Juve aveva già fatto gol Vialli. Io non l’ho ancora accettata questa cosa che Luca non c’è più. Con lui se n’è andata una parte di me. Quello che è successo mi fa venire i brividi. Abbiamo vissuto momenti bellissimi insieme al Chelsea». La malinconia non passa nemmeno ricordando la vittoria del Napoli per 3-1 nel 1990, poche settimane prima del 2° scudetto: «Ero in panchina, Maradona segnò una doppietta. Quando Diego e Careca erano in quelle condizioni, fermarli era difficile». Il presente è un altro Napoli-Juve con vista scudetto.
Questa partita conta di più per il Napoli o per la Juve? «Per entrambi e non solo in termini di classifica ma anche a livello psicologico. Una vittoria cambierebbe tanto anche se non sarebbe decisiva. E’ soprattutto una partita da non perdere».
La Juve non prende gol da otto partite. Cambia qualcosa per il Napoli? «Non credo. Il Napoli ha i suoi principi di gioco e un’identità chiara: non si snaturerà. Mi aspetto una sfida equilibrata. Occhio a Lobotka e Anguissa: il centrocampo è uno dei segreti del Napoli. E a Chiesa, spacca le partite».
L’imprevedibilità e la fantasia di Kvaratskhelia sono quelle dei classici numeri 10? «Sì, ormai i numeri 10 si sono spostati prevalentemente sulle fasce e lui ha le caratteristiche dei trequartisti di una volta. Mi piace molto anche perché è tatticamente ordinato e diligente».
Di Maria, invece che sulla fascia, dovrebbe muoversi centralmente dietro alla prima punta. «Una scelta dettata da due considerazioni. La prima riguarda il buon rendimento di chi sta giocando sulle fasce. L’altra, più importante, riguarda la possibilità che Di Maria incida pesantemente in posizione centrale grazie a tecnica, esperienza e intelligenza».
Spalletti dice che la Juve è più forte. Solo un modo per spostare l’attenzione? «Sì, è un giochetto psicologico. Il Napoli è fortissimo e competitivo anche per la profondità della rosa».
Lei giocò con Asprilla, che è molto diverso da Osimhen. «Possono essere assimilabili per il gusto della corsa, ma Faustino andava in profondità con la palla al piede e se ti saltava nell’uno contro uno non lo prendevi più. Osimhen è eccezionale nell’attaccare gli spazi senza palla».
Come mai la Juve crea poco? «Questione di caratteristiche: non crea tanto ma concede meno, come le squadre di Allegri. La cosa importante è che i gol segnati, seppur pochi, siano determinanti. E Allegri potrebbe prendere bene anche un pareggio a Napoli: resterebbe viva la speranza di una rimonta nel ritorno».
Stupito dalla striscia di vittorie consecutive? «La sconfitta di Champions in Israele era un cazzotto dal quale quasi nessuno si sarebbe rialzato. La Juve invece si è rimessa in piedi: grande merito dell’allenatore ed enorme dimostrazione di personalità e carattere del gruppo».
Cosa l’ha sorpresa del Napoli? «La capacità di costruire dal basso con qualità e la facilità nell’andare a prendere gli avversari nella loro metà campo. Il Napoli sembra una squadra spagnola».
La Juve ha buttato via i primi due mesi, le milanesi hanno qualche problema. Per il Napoli è un’occasione da non perdere? «Sicuramente. Ma è un’occasione che si è creata da sola, non per le disavventure degli altri».
La Champions, che lei commenta per Prime Video, può essere un piacevole intralcio per il Napoli o la squadra ha raggiunto quel grado di maturità che consente di inseguire due obiettivi? «Ne vorremmo avere tanti di piacevoli intralci come questo. Con la qualità, i principi di gioco e la profondità della rosa, il Napoli può affrontare con fiducia entrambe le manifestazioni».
Tratto dalla Gazzetta dello sport