Alessandro Barbano: “La magia del comando”
Il commento del direttore Barbano:
“Tra una coltre di prudenza riaffiora il Napoli, ancora a pezzi e tratti, non tutto intero, non come l’avevamo lasciato prima del Qatar. Ma è ancora lui, lo riconosci dagli sprazzi di qualità con cui si porta via da Marassi i tre punti più importanti dei quarantaquattro fin qui conquistati, in attesa del venerdì al Maradona, dove si ricompone una storica sfida scudetto. Quattro giorni separano gli azzurri dalla Juve, e in questo tempo, brevissimo e insieme infinito, il termometro della fiducia dovrà tornare a toccare l’acme. Poiché non basteranno i numeri e neanche gli sprazzi, ci vorrà il Napoli tutto intero. Quello che archivia la paura dello schiaffo interista e domina novanta minuti in Italia e in Europa.
Quel Napoli ieri si è intravisto come una macchina che si rimette in moto, ma i cui ingranaggi ancora girano a velocità diverse. C’è Osimhen, prepotente come serve. Detta l’assist di Mario Rui con uno scatto che parla da sé, poi esegue con la determinazione del centravanti di razza. Sfonda la retroguardia blucerchiata, inducendo Rincon al fallo che costerà alla Samp l’handicap di un uomo in meno. Gioca d’anticipo sui palloni alti, come nelle attese di Spalletti. E sul finale spreca qualcosa, da che capisci che la sua prestazione è frutto più del carattere che della piena condizione atletica. Però va bene così.
Non si può dire lo stesso di Kvara. Su cui i calcioni di Skriniar sembrano aver segnato una cicatrice ancora aperta. Reagisce alla paura cercando conferme alla sua abilità nell’uno contro uno. Così pretende di entrare in porta con il pallone quando si trova a tu per tu con Audero, sciupando l’occasione. Non è lucido e commette l’errore di affidarsi al copione pre Qatar, non tenendo conto che le difese avversarie l’hanno studiato e non cadono più nella trappola di volergli sfilare il pallone dai piedi. Ora lo attendono, arretrando di un passetto la volta, e lui s’incarta. Il georgiano è un germoglio in crescita continua, evolverà in fretta. Ma il tempo stringe per tutti. Perché, a cinque giorni dalla Juve, gli azzurri appendono al cielo almeno quattro tiri da posizioni ideali, nonostante abbiano avuto il tempo di aggiustare la palla e caricare senza la pressione dell’avversario. Accade a Elmas, a Zielinski, a Ndombele, e allo stesso nigeriano. Il loro baricentro scomposto racconta una messa a fuoco fisica e mentale non perfettamente compiuta. Certo, consola che Lobotka sia tornato padrone del gioco, recuperando un dinamismo e una visione che con l’Inter non erano parsi al meglio. Perché è a centrocampo che il Napoli ha edificato, gara dopo gara, la sua egemonia.
Lo scudetto è sospeso su questa transizione invernale, succeduta alla lunga pausa del Mondiale. Se il Napoli ritrova l’armonia tra la salute dei corpi e il coraggio degli animi, non ci sono rivali che possano fermare la sua corsa. Ma, come ogni equilibrio sportivo, è altamente instabile. Per ripristinare questa condizione aurea e conservarla fino al termine del campionato, a Spalletti non basterà una visita alla Cappella Sansevero, sulle orme del principe Raimondo di Sangro, esperto nella mummificazione dei corpi. L’arte del comando ha una formula ancora più complessa. Più dell’alchimia, può solo la magia. È richiesta al tecnico toscano per portare una squadra di talenti a convincersi di essere i migliori, e sostenerne la responsabilità fino in fondo. Chi vivrà vedrà”. Fonte; CdS