A pensarci bene, 28 anni (e sei mesi) sono semplicemente un’età, non si è più giovani e non si è neppure vecchi per doversi sentire il peso del tradimento verso se stesso. Le carriere si sono allungate, il meglio (atleticamente) è probabilmente alle spalle, ma c’è dell’altro che può abbellire questa fase della vita e della carriera che ha aspettative ancora abbaglianti. Ventotto anni (e sei mesi) rappresentano la via di mezzo della carriera di Piotr Zielinski, un geniaccio nel senso letterale, l’eleganza che sfila sistematicamente sul red carpet, il bravo ragazzo che faresti sposare a tua figlia e però anche quel talento indefinito, una specie di “ incompiuto ” , che ogni tanto ti spinge ad imprecare al vento. «Non so se sia la rete più importante della mia carriera, so che è quella più importante per la mia n azionale. E poi questo gol è assai “figo”, è qualcosa di grandioso».
Zielinski è (autenticamente) il calcio, nelle movenze e nella padronanza di sé, nella gestualità suggestiva ed indecifrabile (scusi, ma lei è più bravo di destro o di sinistro), in quella “ scomposta ” natura che consente a chiunque l’alleni di osare, di spostarlo terzo a sinistra d’attacco o anche omologo di destra; di adagiarlo come sotto-punta o semplicemente di accontentarsi che funga da mezzala; che lusinghi la sua versatilità e lo inventi play oppure mediano; e si giochi a due o anche no, cosa volete che sia, quando c’è Zielinski!? «Tanta roba…». Chissà se siamo al bivio della sua carriera e se, come disse tre anni fa il suo ex Ct, Brzeczek, è arrivato il momento di dimostrare cosa si nasconda in quel caveau sommerso chissà dove: «Sappiamo tutti che Zielinski ha un grande talento, un grande potenziale, ma non lo dimostra ancora. Stiamo ancora aspettando che questo meraviglioso giorno arrivi e quando Zielinski si sveglierà avremo un giocatore che tutti nel mondo ci invidieranno».
È presto per fermarsi a quella rasoiata alla giugulare che con la girata (di destro) ha inflitto alla partita: Polonia-Arabia Saudita è cambiata in quel momento, proprio nell’istante in cui il “ fenomeno ” è uscito dalla sua comfort zone ed ha colmato l’ultima casella: avendo segnato ovunque e persino a chiunque, gli mancava il Mondiale per abbellire il proprio curriculum vitae. « È stato un gol nato da azione studiata, che mi rende felice ovviamente, perché segnare qua ha un sapore particolare. Forse potevamo farne un altro in più, ma dobbiamo accontentarci. Abbiamo battuto una avversaria organizzata, bella da vedere, interessante. C’è ancora tanto da fare, ora dobbiamo pensare alla sfida con l’Argentina. È fantastico poter pensare di vincere il girone».
In quest’anno semplicemente fantastico, già sei gol con il Napoli (tre in campionato e altrettanti in Champions), gli mancava semplicemente la vetrina del Mondiale, il sogno che qualsiasi bambino coltiva sin dalla culla: e in Qatar, dove è arrivato sullo slancio di un avvio stordente – doppietta al Liverpool e all’Ajax – e di un finale dissacrante (zampata all’Empoli, capolavoro all’Udinese), in cui pure un giovanotto dal cuore tenero come il suo ha dovuto dimenticare di essere un ex e scaldarsi per il Mondiale: «Sto facendo bene con il Napoli e anche qui. Spalletti mi ha preparato bene». E la Polonia (forse) ha smesso anche d’essere severa e di bacchettarlo ciclicamente, ad ogni occasione mancata. «Io non devo rispondere a nessuno». Solo al proprio talento: cosa volete che siano ventotto anni e sei mesi?
Fonte: A. Giordano (Cds)