Ciro Ferrara a Il Mattino: “Ho rivisto Diego e….sta bene!”
Nei giorni scorsi Ciro è volato a Buenos Aires per rivedere Diego.
Nell’autunno del 2020 Ciro Ferrara scrisse il libro Ho visto Diego e dico o vero. Il racconto delle stagioni d’oro a Napoli fu il regalo a Maradona che stava per festeggiare i sessant’anni. L’ultimo suo compleanno. Nei giorni scorsi Ciro è volato a Buenos Aires per rivedere Diego. Lo ha sentito, ne ha immaginato il volto felice e ne ha ascoltato la voce quando ha messo piede al Jardin de Bella Vista, il cimitero privato dov’è la tomba del suo Capitano.
Ferrara, perché questo viaggio nella memoria?
«Avrei voluto partecipare al funerale del mio amico il 26 novembre di due anni fa ma c’era il lockdown e non era possibile raggiungere l’Argentina. Sono partito da solo per vivere tre giorni di grandi emozioni, 72 ore completamente calato in quello che è stato il mondo di Diego. Avevo accanto Juan Pablo Sorin, ex nazionale argentino e mio compagno per un anno nella Juve».
Da dove è partito?
«Dalle origini: Villa Fiorito, quel quartiere povero dove nacque Diego. È ancora una zona popolare ma negli anni 60 non c’erano neanche le strade. Sono stato poi a Lascano, in quella casa che l’Argentinos Juniors mise a disposizione della numerosa famiglia di Maradona quando firmò per l’Argentinos Juniors: adesso è un museo. E poi il murale più grande al mondo dedicato a Diego, gli stadi dell’Argentinos e del Boca Juniors, poi anche quello del River Plate. Alla Bombonera, la casa del Boca, avevo partecipato alla sua partita d’addio, unico calciatore italiano. Era il 2001. Quattro anni dopo lui si sarebbe presentato a quella che organizzai io al San Paolo. E poi sono stato al cimitero, grazie a Claudia e Dalma, la moglie e la figlia a cui ho portato non soltanto la mia testimonianza d’affetto ma anche quella di tanti ex calciatori del Napoli e della Juve e di semplici tifosi».
Jardin de Bella Vista, dove Diego è sepolto da quasi due anni.
«Avevo immaginato questo viaggio tante volte, quando era in vita, e avevo sognato un abbraccio a un compagno e a un uomo che ha avuto un ruolo fondamentale nella mia carriera, perché nell’anno del suo arrivo a Napoli fui convocato per il ritiro della prima squadra. Entrando in quel cimitero, ho avvertito un’atmosfera di serenità. Mi è sembrato di vedere il volto di Diego e ascoltarne la voce. Ciro, ma che ci fai qui?. Come fosse sorpreso della mia visita. L’ho sentito sereno in quel luogo. Forse si è tolto un peso troppo grande che portava da tanto tempo sulle spalle. E anche io, finito il viaggio in una città dove trovi Maradona ad ogni angolo di strada, mi sono sentito risollevato».
Napoli, come Buenos Aires, profuma di Diego.
«Ho visto le code dei tifosi napoletani, e non solo, ai murales e penso che sarebbe bello aprire un museo per Maradona, creando un collegamento con l’altro popolo che lo venera, quello argentino. Il giusto omaggio a chi ha compiuto una rivoluzione a Napoli perché le vittorie di quegli anni hanno avuto un significato più esteso, non soltanto calcistico».
Spalletti fa spesso richiami a Maradona, sottolineando la voglia della squadra di dedicare i suoi successi al Capitano. «Sarebbe orgoglioso di noi», dice.
«È così. Diego ha continuato ad amare questa maglia anche dopo essere andato via e nelle fasi più tormentate della storia del Napoli. Figurarsi ora: primi nel girone di Champions League, primi in campionato, un gioco esaltante e tanti elogi per la città, la squadra, l’organizzazione. Tutto questo gli sarebbe piaciuto molto, ha ragione Spalletti».
Bruno Giordano, vostro ex compagno, ha detto: «Il segreto di questo gruppo è l’allegria, la stessa che avevamo noi nell’anno del primo scudetto».
«I paragoni a distanza di tempo sono difficili, però è vero che in questo Napoli emerge l’armonia che esisteva anche nel nostro. Credo che ad aiutare gli azzurri in un eccezionale inizio di stagione sia stata anche l’incoscienza, ovvero il minore peso delle responsabilità. E questo può liberare la mente e spingere a dare il cento per cento, come si è visto in tutte le partite. Nessuno poteva immaginare una partenza così forte e il fatto che non vi fosse un’attesa particolare ha favorito il clima di serenità all’interno del Napoli. Chi entra in campo dalla panchina, gioca con il sorriso. Spalletti si sta dimostrando molto bravo nella gestione dello spogliatoio e non mi riferisco soltanto al turnover e ai cinque cambi a gara».
E la gestione della piazza?
«Penso che anche in quel senso faccia un efficace lavoro. Soprattutto Luciano, con la sua esperienza, sa che a certi livelli bisogna stare sempre sul pezzo e non mollare di un centimetro. E questo per due motivi: mantenere la continuità di prestazioni e risultati, decisiva per vincere lo scudetto; mostrare la propria forza gli avversari, che iniziano così a credere di non avere margini di recupero».
Tra due giorni la sfida a Bergamo.
«Il Napoli ha vinto su campi difficili: Lazio, Milan e Roma. E adesso affronta l’Atalanta che merita il secondo posto. Si arriva a uno snodo importante per il campionato: la partita di Bergamo, che non è stata mai facile per gli azzurri; Juve-Inter e il derby di Roma. Il Napoli deve giocare con quella personalità che ha esibito anche a Liverpool. Immagino una partita sulla falsariga di quella contro la Roma: una squadra che si chiude per ostruire gli spazi e prova a ripartire in contropiede. La differenza possono farla il carattere del Napoli e la capacità di saper sfruttare i momenti importanti».
Fonte: Il Mattino