Chiesto un anno per De Laurentiis, i fatti risalgono al 2013
IL PATRON AZZURRO ACCUSATO PER L'OPERAZIONE DI ACQUISTO DELL'ATTACCANTE CALAIÒ NEL 2013
Tra pochi giorni saranno avversari in campionato, come presidenti delle rispettive squadre (parliamo del Napoli e della Atalanta), ma per il momento dovranno difendersi dalla stessa richiesta di condanna, vibrata dalla Procura di Napoli. Una requisitoria di cinque ore, al termine della quale i pm Danilo De Simone e Stefano Capuano hanno chiesto una condanna a un anno di reclusione per il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis (difeso dall’avvocato Fabio Fulgeri) e il presidente del club bergamasco Antonio Percassi (difeso dall’avvocato Francesco Mucciarelli), al termine del processo sulle presunte operazioni inesistenti legate alla compravendita di alcuni giocatori. Ma non sono le uniche richieste di condanna avanzate dalla Procura di Napoli (all’epoca l’inchiesta venne coordinata dal procuratore Gianni Melillo, oggi alla guida della Dna), dal momento che la rosa degli imputati era ricca di nomi eccellenti del calcio nazionale. In sintesi, i pm De Simone e Capuano hanno chiesto un anno e un mese di reclusione per l’ex ad del Milan Adriano Galliani e due anni e otto mesi per il manager Alessandro Moggi (difeso dagli avvocati Vanni Cerino e Salvatore Nugnes). Diversa invece la valutazione legata ad altri manager, come nel caso del presidente della Lazio Claudio Lotito (difeso dagli avvocati Carlo Di Casola e Gian Michele Gentile) e per l’ex patron della Fiorentina Andrea Della Valle (difeso dall’avvocato Francesco Picca), ma anche per Luca Campedelli (ex presidente del Chievo Verona, difeso dai penalisti Daniele Ripamonti e Luigi Sena).
LA TRIANGOLAZIONE
Settima sezione penale, presidente Ciampaglia, chiaro il ragionamento della Procura. Ipotesi battuta è di «utilizzo di false fatturazioni», in relazione alla triangolazione che si veniva a creare tra la società che intendeva acquistare un calciatore; il calciatore stesso e il suo procuratore. Fino al giorno prima della firma del contratto, il procuratore risultava manager del calciatore, ma al momento della stipula assumeva le vesti di consulente del club che acquistava il cartellino e le prestazioni dell’atleta. Un cambio di casacca di poche ore, che consentiva al calciatore di abbattere i costi di stipendio per il proprio procuratore, facendo ricadere il netto dell’operazione sulle casse del club sportivo (per una operazione ritenuta fittizia). E non è un caso che gli inquirenti hanno deciso di chiedere l’assoluzione per i presidenti che non risultavano aver firmato formalmente le operazioni finite al vaglio dei magistrati («potevano non conoscere il senso dell’operazione»), con una distinzione netta rispetto a chi aveva delegato queste operazioni ad altri collaboratori. Ma nelle linee generali, la Procura ha fatto comunque una premessa: in questo scenario, le società vanno ritenute vittime di un sistema distorto, organizzato a tavolino. Ma in cosa consistono le operazioni su cui dovranno esprimersi i giudici della settima penale? Per quanto riguarda De Laurentiis, i magistrati dovranno esprimersi in merito alla correttezza delle operazioni di acquisto del calciatore Emanuele Calaiò (che era stato ceduto dal Siena). Sotto i riflettori i bilanci che vanno dal 2013 al 2014, mentre per le vicende degli anni precedenti è scattata per tutti la mannaia della prescrizione. Un’inchiesta che ora attende l’esito del primo grado di giudizio, al termine di un dibattimento durato più di quattro anni, per il solo verdetto di primo grado.
A cura di Leandro Del Gaudio (Il Mattino)