Dov’eri quella sera in cui il Napoli strapazzava l’Ajax in casa sua? Cosa facevi? Ci sono momenti che segnano, perché certe partite non lasciano impassibili neppure quelli con il cuore di ghiaccio. Una serata di assoluta bellezza per il Napoli e per Spalletti nella terra che ha inventato il calcio totale.
Spalletti, che notte è stata? «Quando vai sotto in uno stadio così, con quel boato, riprendere subito con la stessa convinzione di andare a prendere palla, andare a pressare, proporre gioco, è indubbiamente la cosa più difficile. Poteva disturbarci prendere il gol in quella maniera, ma abbiamo continuato ad attaccare e alla fine abbiamo fatto una grande partita. Ma una vittoria non cambia la vita».
La sua serata più bella? «No, più bella di questa è stata quando ho preso sette gol a Manchester (dice col sorriso, ndr). La verità è un’altra: è la prestazione fatta che è importante, che dà la consapevolezza di quello che siamo. Queste partite le guardano tutte ed è importante aver fatto una simile prova».
Le scelte per questo match? «Se non funzionano tutti, non si possono fare queste partite. Noi vogliamo avere presto a disposizione Osimhen. E poi alla fine chi sarà il titolare di questa maglia da attaccante? Sarà un problema vero. Quando si fanno partite così, come abbiamo fatto con l’Ajax, tutti se ne accorgono. Il risultato lo fanno tutti, non solo chi segna. In trionfo ci vanno tutti, anche Meret che ha fatto due interventi che sono importanti come i gol. È come un salvadanaio: alla fine i soldi vengono distribuiti alla stessa maniera tra tutti».
È stata una prestazione spettacolare? «C’è la disponibilità dei calciatori, questo è spettacolare. C’è correttezza nel lavoro, c’è voglia di pedalare, il desiderio di allenarsi. Diventa tutto più facile quando si divertono. Anche Maradona sarà stato contento questa sera a vedere questa prestazione».
Cosa è stato più difficile? «L’ambiente era straordinario. Il clima attorno allo stadio meraviglioso, con i pub e i locali. Chi ha questi stadi qui ha vantaggio, quelli che hanno stadi così portano a casa più punti rispetto agli altri. Cosa aspettiamo a fare la stessa cosa in Italia?».
Una lezione di calcio a chi il calcio lo ha rivoluzionato? «Noi non abbiamo dato lezione a nessuno, io non sono in grado di dare lezione a nessuno. C’è questo fatto di aver raggiunto un livello da cui la squadra non vuole tornare indietro, dove vuole andare seguito, senza timore. I ragazzi vogliono ancora andare alla ricerca dello spiraglio per vedere che cosa c’è di là. È una vittoria, questa, che ci avvicina alla qualificazione agli ottavi di Champions».
Da cosa arriva questo successo? «Se sei costretto a vivere dietro le qualità del campione quando arriva la serata che il campione non funziona, non porti a casa la partita. A meno che non funzioni la squadra. Noi abbiamo individualità importanti. Ma ho visto la disponibilità di Lozano e Kvara. Poi Kvara ha chiesto scusa per non aver dato il pallone a un compagno. Lui è forte ma non funziona che può fare quello che gli pare. Perché sennò diventa difficile la gestione, perché altrimenti la prossima volta sono gli altri che non gliela danno. Io non gliela darei, per esempio. Ha chiesto scusa, e io gli ho detto: bene, ma dillo ai tuoi compagni».
L’abbraccio di Di Lorenzo? «C’è un gruppo che lavora e alla fine si diventa amici. C’è l’orgoglio per la notte di gioia regalata ai tifosi che hanno riempito Amsterdam in queste ore e per chi è rimasto a casa».
Il Mattino