Zazzaroni: “Ho visto due diavoli, il primo portoghese l’altro georgiano”

Lo spettacolo è cominciato

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Il commento di Ivan Zazzaroni sul CdS:

Factory della Comunicazione

Ho visto due diavoli. Il primo portoghese, il secondo georgiano. E tre partite in qualche modo simili nello svolgimento: di lunghi domini – del Milan sull’Inter, del Napoli sulla Lazio, della Fiorentina sulla Juve – e di qualche sofferenza per le dominanti solo nei minuti conclusivi. Ho visto del gioco, del ritmo, finalmente un calcio esportabile in Europa. La maratona dei 17 impegni in 7 1 giorni è partita bene.

 

 

 

 

 

 

Se bastasse la prima ora del Meazza per trarre delle conclusioni definitive non avrei dubbi nel puntare su l Milan ( di nuovo ) campione con tanti punti di vantaggio sulla seconda. Fino al 3-2 di Dzeko la superiorità della squadra di Pioli è stata imbarazzante. Metabolizzato in pochi i stanti lo svantaggio iniziale, Tonali, Bennacer e Leao hanno dato un indirizzo preciso al derby mettendo in crisi tanto Barella e Brozovic quanto i fin troppo vulnerabili Skriniar, deputato al controllo diretto del portoghese, Bastoni e De Vrij. Nel finale è stato però Maignan a decidere il risultato con due straordinari interventi , in particolare quello sul destro d i Calhanoglu, al punto che – può sembrare paradossale – non è sbagliato affermare che l a differenza l’hanno fatta i portieri. Uno ha parato, l’altro ha guardato. 
Ho sentito parlare in tv di singolari cali di tensione e attenzione dell’Inter: un giudizio ingeneroso nei confronti del Milan, del suo gioco. 
E s e bastasse la partita del Franchi per esprimere un paio di altre sentenze inappellabili, sarei disposto a garantire sulla presenza della Fiorentina nell’Europa che conta , mentre non potrei dire altrettanto d i questa Juve.  
«Uso spesso delle metafore quando parlo, ma a volte le parole che dico non hanno senso», ammise David Boreanaz, il vampiro Angel di Buffy l’Ammazzavampiri. A lui h o curiosamente p ensa to – la serie tv è del ’97 – quando A llegri , nell’ analizza re un a fase c he a suo avviso avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi, si è lanciato in una metafora fin troppo sanguigna: «L’avversario lo devi azzannare, non devi permetterti di lasciarlo in vita». In assoluto, le parole del tecnico hanno un senso, non sono tuttavia applicabili alla gara di ieri, visto che la Viola l’ha interpretata da padrona , con autorevolezza, personalità , qualità. Il vantaggio di Milik non è stato casuale , n ei primi venti minuti la Juve ha tenuto bene il campo , m a la ripresa bianconera è stata davvero povera e mai si è avuta l’impressione che i l 2-0 avrebbe messo al sicuro la vittoria.  
Rinunciando a Vlahovic, Allegri ha fatto una scelt a i n funzione della Champions e della m a ratona s e nza r e spiro, ma le risposte che ha ricevuto n on sono state positive : Di Maria, ad esempio, non si è mai acceso, ha anzi commesso un errore imperdonabile e punito .  
FiorentinaIl m igliore in campo è stato Amrabat, in un susseguirsi di cambi di registro che Jovic e Barak (presente molto spesso nell’area avversaria) non sempre hanno saputo governare; subito dietro Kouame, Sottil e Maleh: questo per dire che il dinamismo del centrocampo di Italiano ha sottolineato la lentezza di quello di Allegri. Paredes ha avuto soltanto un buon inizio, mentre Locatelli non ha saputo sfruttare la maggiore libertà che il tecnico gli aveva concesso liberando lo del ruolo di centrale; McKennie e Cuadrado hanno sbagliato tutte le scelte , una volta entrat o M iretti non ha spostato nulla . D i Kean s i sono notati sol tant o i dread. 
Quella di Allegri che, per la prima volta da quando il campionato è cominciato, si è appellato a Pogba e Chiesa quali risolutori dei problemi di gioco e di classifica, non è una cieca e irragionevole speranza nella perfettibilità della Juve, ma la ferma convinzione di un tecnico che sa quel che vuole e cosa occorre fare per ritrovare la superiorità perduta”. 

 

 

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