Alessandro F. Giudice (Cds): ” Il mercato  dei falsi  incedibili “

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Così scrive sul CorrSport Giudice:

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“I l calciomercato è partito in anticipo rispetto alla data di apertura ufficiale ma sembra frenato da casi difficili che bloccano molti club. Quasi ognuno ha la sua croce da portare: giocatori costosi, di cui si farebbe volentieri a meno, spesso frequentatori stabili della panchina o addirittura ai margini del progetto tecnico. 

 

La Juve è alle prese con Arthur, piombato sul bilancio a 71,6 milioni nell’estate 2020 in uno scambio poco funzionale sul piano tecnico ma utile a puntellare conti già allora scricchiolanti. In due anni il brasiliano vanta 42 apparizioni, di cui 14 complete (senza sostituzione) e solo 26 da titolare. Ha segnato un gol in due anni ma prende 5 netti (mitigati dal Decreto salvifico). Oggi invendibile senza una cospicua minusvalenza, pesando ancora in bilancio per 45 milioni. Arthur è il caso più eclatante ma anche Rabiot (costo-azienda: 9 annui, scadenza 2023), Kean (da riscattare a 38), Alex Sandro (scadenza 2023, costo aziendale 8,5) sono storie difficili. Per non parlare di Ramsey, rientrato dal prestito e ancora a libro paga per un anno. 
Molti sono frutti tardivi della logica del parametro zero, disinvoltamente abbracciata nel passato. Club ingolositi dal risparmio sui cartellini e pronti a pagare stipendi non giustificati dal valore dei calciatori. “Tanto poi si rivende” era il refrain. Peraltro, quasi mai presi a costo zero perché i procuratori chiedono laute commissioni per “facilitare” l’affare e molti club arricchiscono più volentieri, curiosamente, gli agenti che altri club. Ma la curva biologica declina rapidamente oltre i trenta, il valore di mercato sfiorisce insieme alla possibilità di monetizzare il cartellino o anche solo liberarsi di un costo eccessivo.  
È il fattore che rallenta le proclamate riduzioni del monte ingaggi, perché gli stipendi più onerosi coincidono spesso con le croste più dure. 
Così l’Inter è alle prese col problema Sanchez: difficile trovare un club a lui gradito e pronto a sostenerne i 7 netti (9 lordi grazie al Decreto Crescita, i cui benefici si perdono lasciando l’Italia). Ma dovrà pagare anche 6 milioni per liberarsi di Vidal, anch’egli retaggio dell’era Conte che pretendeva la rosa larga e di alto livello, col risultato che gli ex campioni sono diventati panchinari fissi dal costo superiore ai titolari. 
I problemi sono anche giocatori appetibili sul mercato ma vicini alla scadenza (2024), come Zaniolo in casa Roma o Milinkovic per la Lazio. Entrambi prossimi al termine del contratto ma frenati da richieste altissime dei club e forse trattenuti anche dall’idea di svincolarsi. Il Napoli fatica a piazzare Koulibaly, anch’egli a un anno e ormai oltre i 30 ma perfino Osimehn (che pure avrebbe grande mercato) non si muove se il Napoli non scende da pretese a tre cifre. 
Parte del problema va ascritto al calo di competitività della Serie A: giocatori super valutati da noi (dove però mancano acquirenti capaci di pagare certe cifre) non sono poi così richiesti all’estero. Soprattutto dopo il caso Lukaku, il botto dell’estate scorsa (dall’Inter al Chelsea per 115 milioni) mattatore in Serie A ma relegato mestamente in panchina in Premier, da dove arrivano giocatori poco utilizzati ma subito fenomeni nel nostro campionato. C’è qualcosa che non torna, come non torna l’investimento che blocca i bilanci di molti club: rose mastodontiche il cui valore di mercato non è proporzionale. Questo significa investimenti insostenibili, poca liquidità generabile, ammortamenti pesanti. Al 30 giugno il parco giocatori della Juve (da poco appesantito dai 75 di Vlahovic, al netto della quota di ammortamento del semestre) peserà oltre 400 milioni sul bilancio a fronte di un valore teorico di mercato stimato da Transfermarket in 560. L’Inter, pur con un valore di mercato simile, ha un costo immobilizzato che sfiorerà i 200 mentre il Milan campione d’Italia arriverà solo a 110. Anche dalla capacità di tenere leggero il bilancio (e quindi la struttura finanziaria) traspare l’abilità di tenere i conti in ordine”. Fonte: CdS

 

 

 

 

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