Koulibaly pizzicato nella scuola calcio del figlio con quelli di Cavani e Opsina: “Io giocavo sotto casa!”
Loro sono quelli della frutta. Seicento appuntamenti l’anno tra partite ed allenamenti, e cassette di frutta di stagione per tutti a fine della seduta. Guai ad introdurre uno snack, il “Rosso” li caccia
«Qui non si mangiano, patatine, sono vietate, non conosci il regolamento di Rossano?»,
ricorda una mamma al bimbo in maglia blu. Possono chiamarsi Esposito, Gargiulo, ma anche Koulibaly, Insigne, Ghoulam, Anguissa, Ospina. Il “Rosso” è Rossano Vettosi che alla vigilia dei suoi 67 anni festeggia al Green Park del Virgiliano il quarto di secolo di una scuola calcio, l’Asd Petrarca, diventata negli anni il punto di riferimento di tutti i calciatori del Napoli. E nemmeno ieri era da meno con Ospina a seguire il suo Maxi e Koulibaly ad applaudire il suo Séni. Bambini dai 6 ai 12 anni, nove squadre per 163 iscritti. Venticinque anni fa erano una decina in tutto.
L’amore per i bambini, il passaparola, la professionalità, ha fatto il resto. «Quando ero piccolo – racconta Koulibaly – non avevo questa opportunità. Giocavo sotto casa. Solo a 8 anni ho cominciato a conoscere una società organizzata. Quello che mi interessa è che i ragazzi si divertano e pensino al calcio come un modo per conoscere lo sport. Cosa mi chiede mio figlio? Nessun consiglio. Cosa io chiedo a lui? Solo se ha giocato bene, se si è divertito e se ha fatto gol. Agli allenamenti cerco di seguirlo ogni volta che posso, alle partite sono andato solo una volta erano in concomitanza con le mie».
Che Séni sia un Koulibaly, comunque si vede: scivolate, anticipi, contrasti, senza paura. La targa di fine anno che lo premia, come la medaglia che riceveranno mercoledì 25 tutti i bambini della scuola calcio, ricorda questa sua capacità di divertirsi più da terra che in piedi. E se l’arte è ereditata, lo si può dire anche di Maxi Ospina (che per la cronaca para il rigore calciato da Séni nella partitella). I guanti li ha come incollati alle mani. La sua targa recita: “Guanti d’oro e sinistro di fuoco”.
Buon sangue non mente. «Io lo invito ad andare avanti – dice il portiere del Napoli – a fare gol, ma lui preferisce stare in porta. Scherzi a parte, è una grande opportunità per i ragazzi cominciare a giocare a calcio in un ambiente sereno come questo. Anche io ho cominciato a cinque anni e divertirsi correndo dietro un pallone è la cosa più importante per i ragazzi».
Degli altri si ricorda che un giorno Insigne fu coinvolto in una lezione di stop mentre Anguissa ha cominciato in maniera precoce: il suo piccolo ha due anni e già calca i campi del Green Park. Paradiso in terra con il sole che tramonta nello spettacolo dei campi flegrei il Green Park, mentre i gabbiani si divertono a giocare con il vento sul belvedere del circolo. Il “Rosso” era un rappresentante della Pioneer quando decise di dedicarsi a fare l’allenatore. Nel calcio a cinque ha portato il Bellona dalla C alla A1. E ha fatto tesoro anche dei suoi errori. «Ho avuto un anno di squalifica perché ho cercato di aggredire un arbitro – racconta – Ora è la prima cosa che insegno ai ragazzi. Dagli errori bisogna imparare ed insegnare agli altri che è sbagliato».
Ci sono anche Bautista e Lucas Cavani con mamma Sole che racconta: «Il “Rosso” è severo ma i piccoli capiscono così la disciplina». E tra i tanti passati al Virgiliano anche Allan. «Lui è stato il primo – dice Vettosi – una persona disponibilissima. Una volta lo portai a Scampia sui campi di Antonio Piccolo, lo pregai di entrare in campo e sedere in panchina. La moglie mi mandò un messaggio: “Sei l’unico allenatore che è riuscito a farlo”».
G. Agata (Il Mattino)