Corsi parla al Cds: “Mercato? Con AdL se ne riparlerà a fine campionato. All’andata fummo fortunati”
Il presidente dell'Empoli parla anche degli ex che ora giocano o stanno nello staff di Spalletti
Fabrizio Corsi ha il sangue toscano puro, purissimo, e se il professor Bellavista (Luciano De Crescenzo) dovesse includerlo in una delle sue proverbiali categorie, beh, lo inquadrerebbe all’istante tra gli uomini d’amore. Tra quelli che, nel caso specifico del suo Empoli, la sua vita dall’inizio degli Anni 80, vivrebbero sempre abbracciati l’uno con l’altro.
«Sa cosa? Respiro quotidianamente questi ragazzi e se uno ha un problema allora diventa il mio».
I suoi ragazzi: lo ripete di continuo non per intercalare ma proprio perché lui, formazione umanistica e una leadership consolidata nel settore dei capi in pelle con la sua azienda, il calcio all’empolese ce l’ha dentro.
«Da noi ci sono questi rapporti speciali, questa partecipazione che diventa condivisione dei momenti belli e soprattutto meno belli. Io ricordo tutto e tutti, da sempre, anche i giornalisti che mi hanno accompagnato dal primo passo come Benito Polverosi (nostro ex collaboratore e padre del nostro Alberto, ndr). Qui dieci o quindici pensionati assistono all’allenamento ogni giorno e alla fine scambiano due chiacchiere con l’allenatore. Magari Spalletti se lo ricorda».
Già, Spalletti: anche lui è un suo ragazzo? «Nel 1991, quando diventai presidente e lui giocava, il direttore sportivo me lo propose come jolly: avevamo un rapporto di amicizia da anni e così lo caldeggiai. Poi è stato allenatore dagli Allievi e via in prima squadra: con lui abbiamo fatto la prima cavalcata dalla C alla A, quella che ha segnato il futuro suo e dell’Empoli. È partito tutto da lì».
Lo ha sentito? «Non di recente.
Vi abbraccerete domani al Castellani, allora. «Sì. In realtà non ci frequentiamo più come prima, ma ogni volta che ci incontriamo le parole sono quelle di quarant’anni fa: è come se si riaccendesse un rapporto molto intimo, confidenziale. Bello».
Lo sa che l’Empoli, senza girarci intorno, può spezzare il sogno-scudetto del Napoli? «Io sono molto attento al fatto che dobbiamo fare una grande partita. Dal divano è un conto e si può anche tifare per i ragazzi che oggi sono nel Napoli e ieri da noi, ma ora c’è una sfida che sulla carta sembra impossibile e dobbiamo dare il meglio. Mancano ancora uno o due punti per la salvezza e la serenità».
E ci risiamo: i suoi ragazzi. Elenco lungo: Di Lorenzo, Zielinski, Mario Rui, Spalletti... «E poi Calzona, Baldini, Sinatti, Domenichini: hanno dato passione e lavoro all’Empoli e sono tutti motivi per tifare Napoli. Dobbiamo anche a loro i nostri risultati».
Ormai è chiaro: con il Napoli di De Laurentiis c’è un rapporto speciale. «Aurelio l’ho sentito di recente: lui mi dice tanto e a volte mi rimbrotta per qualche scelta, per gli allenatori. Nell’ultima telefonata mi ha dato del Proust e io gli ho chiesto: è un complimento o un’offesa? Era un complimento».
Avete parlato di Bajrami, Asllani, Parisi, Viti, Zurkowski? «Di certi argomenti, eventualmente, si parla quando il campionato è finito».
Un buon campionato, quello dell’Empoli. «Sì, ma meglio nel girone d’andata: all’andata tre o quattro partite sono girate bene e al ritorno in tre o quattro ci ha detto male».
L’ultima vittoria è datata 12 gennaio 2021: Napoli-Empoli 0-1. «Vincemmo per un episodio fortunoso e avremmo potuto pareggiare o perdere, però la prestazione fu ottima. Coraggiosa. Comunque, lo dico da sempre ai miei ragazzi: puoi anche fare bene nelle prime cinque partite, ma sarai ricordato per le ultime otto».
Il Napoli ne ha steccate due, di recente: è ancora in corsa per essere ricordato? Può ancora vincere lo scudetto? «Secondo me ci può credere, penso proprio di sì. Anche se non voglio pensare che con l’Empoli…».
A proposito: tra gli ex mancherà Di Lorenzo ma ci saranno Zielinski e Mario Rui. «Di loro posso parlare soltanto per quello che hanno dato a noi. Tra l’altro, al di là dei fatti sportivi, io li ricordo nello spogliatoio. Una cosa su Zielinski la racconto, però: Gino Pozzo, tra i più capaci del nostro panorama dirigenziale e anzi un esempio, lo prese con l’Udinese e me lo propose in prestito. Io gli chiesi: Gino, ascolta, Zielinski mi fa o non mi fa? E lui: credimi, ti fa».
Il modo in cui lei racconta il calcio, il suo calcio e il suo Empoli, spiega perfettamente perché Fabrizio Corsi, 61 anni d’età e 31 di presidenza, ha creato un modello. È amore. «Io ho visto allenare il primo Ulivieri dietro la porta. E poi Vitali, Salvemini, Baldini, Sarri, Spalletti e così via: sono tutti uomini che si sono immedesimati in questo ambiente con passione e professionalità. Magari erano le persone giuste per questa realtà, anche se poi hanno raggiunto risultati pure da altre parti. Questo è un ambiente un po’ particolare: qui conta il lavoro. Qui non si allenano giornalisti o presidenti, qui si allena la squadra».
F. Mandarini (Cds)