Le lacrime di Insigne raccontano tutto dalla partenza al sogno quasi infranto
La partita con la Roma finisce, l’Inter e il Milan sono più lontani e Lorenzo Insigne piange: lacrime napoletane – chi più di lui – ma anche lacrime di resa. Sì: tra cinque giornate e poco più d’un mese la sua vita azzurra sarà chiusa in un cassetto, sarà consegnata alle statistiche e alla storia per i grandi numeri e gli splendidi ricordi di un ex bambino fatto uomo e poi capitano, ma ieri probabilmente ha sentito forte sulla pelle e nel petto che in Canada non riuscirà a sbarcare da campione d’Italia. Già, le ambizioni scudetto del Napoli e di Insigne sembrano svanite a meno di clamorosi ribaltoni e una miracolosa rimonta: per carità, nel calcio e nello sport tutto è possibile fino a prova contraria, fino all’ultima curva, ma il pianto di Lorenzo vale molto più di mille parole e altrettante speranze. Sembra la fine del suo sogno, per sempre. Sembra la fine di un’epoca.
GRANDE AMORE. E allora, Lorenzo non ce l’ha fatta: non è riuscito a trattenere le lacrime dopo un pari che allontana il Napoli dal primo posto e dopo la terzultima partita al Maradona. Uno stadio che lui ha conosciuto come San Paolo da piccolo tifoso, da giovanotto del vivaio e da capitano, ma soprattutto una casa. La sua casa, una cattedrale e uno sguardo pieno di progetti tatuato su una coscia: che storia, questa storia. Un amore così grande, infinito, a tratti controverso come solo le grandi passioni sanno essere, ma anche un capitolo lungo sedici anni che presto si chiuderà: il 22 maggio finirà il campionato e lui volerà in Canada per cominciare una nuova esperienza con la maglia del Toronto, ma il grande saluto alla gente che lo ha conosciuto ragazzino e piano piano lo ha riconosciuto uomo andrà in scena addirittura prima. Con il Genoa, il 15 maggio: la sua ultima partita a Fuorigrotta con la maglia del Napoli e la fascia al braccio.
SOGNO INFRANTO. Avrà cominciato a pensarci già ieri, sì, quando alla fine della partita è scoppiato in lacrime: assolutamente possibile. Ma è più possibile che lui, in quel pianto, abbia concentrato la delusione di chi sa che forse il sogno è diventato impossibile: lo scudetto, certo. Ora è durissima, forse anche di più, e così Lorenzo ha tirato fuori tutta la rabbia, l’amarezza e la tristezza del suo mondo azzurro. Di un sogno inseguito e sfiorato a più riprese che però, dopo ieri, è ormai (quasi) una chimera. Ci credeva e ci ha creduto, proprio come un intero popolo: lui compirà 31 anni il 4 giugno e non avendo vissuto né il primo né il secondo tricolore, e tantomeno Maradona, avrebbe voluto entrare nella galleria degli immortali dall’altare dei trionfi. Maledetti contratti, maledetti rinnovi, maledetti rimpianti: tanti in assoluto per le occasioni perse dalla squadra, meno ieri da un punto di vista personale considerando il gol su rigore. L’ottavo su nove reti in campionato (nessun azzurro come lui dal 2007). Non resta che lottare fino alla fine, provare ad agganciare e magari superare Hamsik al secondo posto dei marcatori del club di sempre in tutte le competizioni (120 gol contro 121) e poi si vedrà. Anche con gli occhi pieni di lacrime, sì: perché l’amore è così, gioia e dolore.
Fabio Mandarini (Cds)