Non è finita finché non è finita, certo. Ma lo svantaggio di 4 punti rispetto al Milan capolista a cinque giornate dalla fine è – come disse Spalletti dopo la sconfitta con la Fiorentina – quasi una sentenza. Il Napoli deve accontentarsi della qualificazione Champions, quasi aritmeticamente raggiunta. Gli azzurri, andati in vantaggio su rigore non hanno saputo gestire l’1-0. Vedendo la squadra in difficoltà, il tecnico ha tirato fuori a otto minuti dalla fine Osimhen e Insigne, schierando un difensore in più, l’ex Juan Jesus. Un argine che non ha funzionato. Un punto in due partite interne. Gli azzurri e Spalletti avrebbero potuto fare di più e meglio contro Fiorentina e Roma, sfruttando anche il supporto della tifoseria, uscita dal Maradona con una doppia amarezza. Osimhen è stato ben controllato dall’ottimo Smalling. Ma con la Roma protesa in avanti alla ricerca del pareggio, dunque scoperta, sarebbe stato utile lasciare in campo Victor per tentare di colpire in contropiede. Il Napoli è venuto meno proprio sul più bello della stagione, eppure la partenza contro la Roma era stata perfetta. In queste settimane la squadra che aveva saputo affrontare autentiche emergenze, provocate da casi Covid e infortuni, ha pagato dazio perché ci sono stati uomini che non hanno avuto continuità. I rimpianti sono forti, in particolare per chi ha già preparato le valigie come capitan Insigne, che ha stampato un bacio sul simbolo del Napoli dopo il gol a Rui Patricio e ha versato qualche lacrima mentre salutava alla fine i tifosi della Curva. Aveva immaginato un finale diverso, prima di volare in Canada, ma ora potrà soltanto tifare dall’altra parte del mondo per uno scudetto.
F. De Luca (Il Mattino)