L’ urlo arriva dal buio. Non si capisce da dove venga. Ogni cosa è inghiottita dalla nebbia. Intorno tutto è avvolto da una spessa coltre grigia, posata come un sudario sul prato, una coltre che galleggia su San Siro impedendo la visibilità fino a due metri da noi. Nessuno capisce se abbia segnato l’Internazionale, oppure il Napoli. Non si vede assolutamente nulla. Il Napoli gioca da capolista, dopo aver vinto a Roma contro la Lazio, e pareggiato la domenica precedente in casa contro l’Ascoli. In una partita che è stata un assedio. Zero a zero. Inatteso. E’ dicembre, ed il freddo punge a Milano. La nebbia è salita al proscenio improvvisa, un mantello dai lunghi lembi allacciato fin sul collo dell’ultimo anello dello stadio milanese. Come sorta dalle fondamenta dello stadio. E’ una partitaccia. Il Napoli senza Savoldi e Braglia, ma con Sperotto. Contro un’ Inter da battaglia andata in vantaggio con Boninsegna. Una girata da furetto, dopo l’assist furbo di Mazzola. Vinicio con il lungo cappotto a spingere i suoi con coraggio. Davanti alla sua panchina. Un’ombra che diventa sempre meno visibile. Fino a scomparire. Un attimo prima che anche lui venga inghiottito dalla nebbia, Iuliano aveva pareggiato. Un tiro dal limite. Con la visibilità al limite. Con piccoli filtri di una luce attutita dalle tenebre di una Milano infernale. L’urlo arriva dal buio. Improvviso. Sale attraverso la coltre, buca il cielo, si poggia su quel mantello, lo sbottona. “Ma dico, se i milanesi a Milano quando c’è la nebbia non ci vedono come fanno a vedere che c’è la nebbia a Milano?” Dice il principe della risata. E che ha segnato Facchetti, aggiungiamo noi. Lo annuncia Enrico Ameri, dalla radio. Dopo una confusione venuta dal fatto che nemmeno lui capisce se abbia segnato l’Inter oppure il Napoli. Il capitano nerazzurro tira un fendente ad occhi chiusi, che Carmignani nemmeno vede. Figuriamoci. Menegali è l’uomo in nero, l’arbitro. Convalida. Poco prima gli avevano chiesto la sospensione a gran voce, entrambi i capitani, tutte e due le squadre. Nulla da fare, si va avanti, Menegali irremovibile. Nessuno saprà mai come abbia fatto ad arbitrare quegli ultimi venti minuti. Un incubo, più che una partita di calcio. Perdiamo due ad uno. Perdiamo la partita e la vetta, cedendola al Torino, che la terrà fino alla fine, vincendo il titolo. Risulterà determinante, quella sconfitta, per il morale, come poi accadrà molte altre volte da quelle parti, che sono maledette. E noi restiamo lì, seduti, a San Siro, senza sapere se sia ancora pomeriggio, oppure sia scesa la notte.
Stefano Iaconis